IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

Valutazione attuale: 5 / 5

Stella attivaStella attivaStella attivaStella attivaStella attiva

Le Metamorfosi sono l’opera probabilmente più celebre di Apuleio. Si presentano come un romanzo in undici libri, che, a differenza del Satyricon di Petronio, è scritto interamente in prosa, ma che similmente a quello, vede l’inserzione di numerosi racconti. Il romanzo è costruito secondo una struttura intrecciata in cui sono innestati fabulae e racconti che, oltre ad avere la funzione di dilettare il lettore e di divertirlo alternando la narrazione, rimarcano il messaggio di tutta l’opera. A tal proposito sul messaggio e, dunque, sul significato effettivo delle Metamorfosi, molte sono le ipotesi interpretative avanzate. Quella che probabilmente riesce più di tutte ad abbracciare tutta la complessità dell’opera è senza dubbio quella della della prof.ssa Rossella D’Alfonso. Ipotesi, questa, che si pone in chiave filosofica; nello specifico nella filosofia neoplatonica tipica della Roma del II secolo d.C. Molte, infatti, erano al tempo le ideologie provenienti dall’Oriente; in ambito religioso vi è l'influenza dei culti misterici, come quello di Iside e Osiride; in ambito filosofico, invece, la corrente di pensiero principale era quella neoplatonica portata avanti da un filosofo: Plotino. Filosofia che riprendeva i concetti annunciati, dunque, da Platone e ripresi dalla filosofia di Aristotele. Vi è in particolare la ripresa di un concetto: quello cioè del dualismo del mondo (mondo delle idee e mondo degli uomini). Alla luce di ciò non bisogna tralasciare come Apuleio fosse un profondo conoscitore della filosofia platonica. Allo stesso filosofo infatti aveva dedicato anche un’opera: De Platone et eius dogmate. La D’Alfonso sottolinea come nell’opera la maggior parte delle ipotesi convergono su un unico punto: la presenza di riferimenti isiaci. In effetti questi sono molti; basti pensare alla stessa sorte di Lucio che diventerà un pastoforo dello stesso Osiride, grazie all'importante aiuto della Dea Iside. Secondo la D’Alfonso, tuttavia, ridurre l’opera ad una semplice metafora del culto misterico è errato. L’opera avrebbe un significato ben più complesso che è possibile comprendere solo alla luce della filosofia neoplatonica. Ciò però non nega che non va interpretato in chiave religiosa o di divertissment poiché ci sono più interpretazioni che possono coesistere. Il percorso di Lucio si presenta come un itinerario di redenzione che prevede delle tappe. Queste fanno riferimento alla concezione dell’anima derivante dalla filosofia platonica e allo stesso tempo anche al significato che aveva in antichità la figura dell’asino. Per quanto riguarda l’anima Platone ne parla in due suoi scritti il “Simposio” e “il Fedone” e ne narra anche la sorte. L’anima, un tempo contemplatrice dell’iperuranio, ne aveva conosciuto la perfezione. Ad un certo punto, a causa del vizio, si era appesantita ed era, dunque, sprofondata nel mondo terreno, incarnandosi nel corpo divenuto una prigione. L’unico modo che l’anima aveva per liberarsi era allontanarsi dalle pulsioni e da tutto ciò che è terreno per tornare alla purezza originaria. Alla luce di questo verticalismo della filosofia platonica bisogna far luce sull asino. L’asino è un animale che ha una nomea, probabilmente derivante dal mondo classico, negativa. È un animale che viene visto come simbolo di passione carnale, di pulsioni e lussuria. Volendolo interpretare quindi in chiave analitica è come se fosse la personificazione zoomorfica dell’Es. Unendo questi due principi è chiaro, dunque, come la REFORMATIO, ossia trasformazione asinina di Lucio, è la degna punizione che gli spetta per la sua condotta. Lucio è un eroe dolente che pecca nella Hybris, nel voler provare tutte le esperienze anche quelle che dovrebbe disdegnare per cui viene trasformato in un animale destinato non solo al lavoro ma addirittura disprezzato. È come se attraverso la trasformazione venisse sopraffatto dal proprio doppio asinino.
Ci sono due chiavi per l’elevazione spirituale: da una parte provare empatia verso l’altro, cosa che avverrà nel IX libro del romanzo; dall’altra bisogna conoscere se stessi, cosa che Lucio inizia a fare per la prima volta nel X libro, quando prova vergogna nel momento in cui gli viene imposto di accoppiarsi pubblicamente e prova a scappare provando sdegno e repulsione. Compassione e conoscenza di sé sono dunque le chiavi per potersi elevare spiritualmente. Quest ultimo passaggio, in particolare, segna un progressivo avvicinamento al mondo ideale e la fuga che anche l’anima deve compiere dal mondo.
Nell’ottica della D’Alfonso in termini platonici Iside sarebbe un Daimon (letteralmente demone), una divinità intermedia ossia una creatura soprannaturale che ha caratteri simili a quelli degli Dei, ma ha anche caratteristiche degli uomini. Iside, infatti, connette Lucio con una divinità superiore: Osiride per cui nel percorso di redenzione e di crescita spirituale c’è bisogno della terza iniziazione. È proprio grazie all’importante aiuto del demone che è possibile ricongiungersi al mondo ideale.
Mentre secondo l’interpretazione mistagogica di Merkelbach il romanzo, in particolare la novella di Amore e Psiche, va interpretata come una metafora del culto misterico di Iside e Osiride, secondo la D’Alfonso ridurre l’opera ad una semplice metafora del culto misterico è errato. L’opera avrebbe un significato ben più complesso che è possibile comprenderlo solo alla luce della filosofia neoplatonica. Ciò però non nega che non va interpretato in chiave religiosa o di divertisment poiché ci sono più interpretazioni che possono coesistere.
Miriam Paolo, Vau Liceo Bianchi Dottula - Bari

Seguici su . . .

RSS filled 32

Newsletters

Iscriviti alla nostra newsletters, resta informato!!

Photo and video gallery

Utility