Nel mese di Gennaio, nell’ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro, alcuni studenti del liceo classico “De Sanctis” di Trani, dopo aver aperto una pagina Facebook diretta a far conoscere e dare visibilità al predetto progetto, hanno ricevuto numerosi “mi piace“ da individui di nazionalità orientale. Questa notizia, che ha destato in primo tempo perplessità e disorientamento ma, allo stesso tempo, curiosità e stupore, è stata oggetto di riflessione e discussione da parte dei docenti e degli alunni coinvolti e impegnati nel progetto. I ragazzi hanno ipotizzato che sia stata proprio la parola ”job” a destare l’attenzione e l’interesse di stranieri immigrati soprattutto se si tratta di persone in cerca di lavoro. Gli insegnanti, d’altro canto, un po’ allarmati dall’accaduto, sono intervenuti tempestivamente suggerendo ai gestori della pagina online di modificarla al fine di sviare questi ”disperati e d’altra parte inutili” tentativi di ricerca di lavoro e al fine di scongiurare pericoli per i ragazzi che vengono quotidianamente ritratti nelle foto poi pubblicate sui social di Zuckerberg. In effetti nell’era che stiamo vivendo, dove i motori di ricerca istantanei, attraverso l’inserimento di parole chiave, permettono di trovare esattamente ciò che si sta cercando, una parola come “job” è sicuramente una delle più ricercate e maggiormente ”cliccate” tenuto conto che, in quest’era, l’Italia vanta un tasso di disoccupazione del 12,4% (tasso desunto dalle rilevazioni statistiche dello scorso aprile). Dato questo contesto, sembra lecito un interrogativo: se questi uomini cercano davvero un lavoro, perché non scrivono messaggi alla pagina per porre altre domande? È un problema di lingua oppure non si tratta solo di questo? Domande come questa impreziosiscono il dibattito di una patina di mistero. Saremo lieti di aggiornarvi sugli sviluppi della nostra esperienza.
Gianluca Pirulli III A, Liceo "F. De Sanctis - Trani