IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

Attualità

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Parlare di “uomo” non corrisponde al parlare di “cittadino”, infatti noi nasciamo come uomini e possiamo diventare cittadini solo se crescendo iniziamo a pensare a ciò che potrebbe incrementare lo sviluppo della società in cui devono regnare l’uguaglianza e la libertà. Quindi se volessimo ricostituire una società dovremmo partire proprio dal rinnovamento dell’individuo. Cosa dirige l’uomo verso una condizione sociale difficile? Sembrerà paradossale ma secondo il “mito del buon selvaggio” è la civiltà che corrompe l’individuo, perché l’uomo nasce buono ma l’allontanamento dallo stato di naturalità lo corrompe.
Questa idea è presente nel “Discorso sulle scienze e le arti” di Rousseau che critica il progresso delle scienze e palesa il pessimismo che lo caratterizza nonostante la sua importante fiducia nel progresso dello spirito umano. Successivamente nel “Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini” lui delinea con maggiore attenzione il concetto di stato di natura che consiste nella condizione più originaria dell’umanità, fatta di felicità e innocenza che rendono possibile la corretta impostazione dell’azione educativa. Secondo Rousseau quindi è importante guardare con attenzione il tempo andato per capire su quali colonne portanti fondare la società. Come già citato la società è l’elemento di corruzione per l’individuo e proprio sulla base di questa idea
l’educazione deve esserne distante per essere per quanto possibile naturale. Attorno a questo tema ruota l’opera maestra di Rousseau: l’ “Emilio” la quale racconta del percorso educativo di un fanciullo che dirigerà la propria società verso la riforma politica. Ciò significa che l’autore vuole che il giovane possa essere personaggio principale della società che deve essere fondata sui valori della giustizia e dell’uguaglianza. Il bambino deve quindi essere educato secondo natura, ossia osservando la naturalità dell’essere umano che consiste nell’assoluto rispetto delle fasi dello sviluppo psicologico dell’allievo il quale necessita di un programma “cucito su misura” per lui. Equivale a dire che, il percorso formativo deve essere fedele agli interessi, ai bisogni e alle propensioni in modo tale da poter garantire l’individualità e la libertà. Come abbiamo già detto è importante rispettare le fasi dello sviluppo e ciò vale anche per i bambini che devono vivere la loro infanzia accompagnati da un maestro che capisca le loro esigenze senza mai sminuirle e li renda protagonisti di questo periodo della loro vita (puerocentrismo educativo). Un interprete importante della pedagogia roussoiana è Kant, filosofo tedesco. Lui si sofferma sull’importanza dell’azione pedagogica proprio come Rousseau e afferma che “non bisogna insegnare pensieri, ma insegnare a pensare” infatti, da buon illuminista, durante i suoi lunghi anni di insegnamento universitario ha sempre spronato i suoi allievi a pensare con la propria testa. Kant scrive un’opera dedicata all’educazione dal titolo “Pedagogia” in cui nell’introduzione presenta problemi generali della pedagogia, poi discute dell’educazione fisica o naturale e infine di quella pratica o morale. Proprio in quest’opera individua nell’educazione un’esigenza primaria: raggiungere la piena realizzazione dell’umanità compiendo un cammino di perfezionamento incessante. La disciplina, che subentra dopo l’allenamento, ha l’obiettivo di dominare le pulsioni ed è seguita dall’istruzione, che insegna a pensare e a raggiungere i propri scopi, infine la formazione pratica si occupa dello sviluppo della moralità.
L’educazione kantiana prevede il passaggio dall’anomia del bambino, ossia l’assenza di leggi, all’eteronomia cioè la guida dell’educatore che lo condurrà all’autonomia. L’intento di Kant è dare più libertà possibile al fanciullo, ma nel totale rispetto dei propri limiti e del rispetto comune. Per fornire un’adeguata educazione Kant richiede nell’ambito del ruolo dell’educatore un distanziamento dall’idea illuminista, in quanto pensa che debba essere prerogativa solo e soltanto di persone esperte promuovere l’educazione. Ricerca anche il supporto statale per accrescere le esperienze necessarie per l’educazione e infine la collaborazione da parte delle famiglie, le quali forniscono un’educazione privata occupandosi della formazione morale che va distinta da quella pubblica, fornita dalla scuola che ha una funzione prettamente istruttiva. Kant attribuisce un ruolo fondamentale all’esercizio fisico che viene attuato tramite giochi e altre attività guidate dal maestro. La fase iniziale di questo tipo di educazione sarà negativa ma successivamente stimolerà le abilità dell’allievo diventando così positiva. Viene fatta una distinzione tra educazione naturale, la quale comprende l’anima e avviene liberamente, da quella morale, che afferisce alle facoltà intellettuali. Onde evitare che ci possa essere un’inclinazione all’ozio dovuta al continuo gioco, quest’ultimo si succede all’educazione scolastica la quale alterna momenti di lavoro a momenti ricreativi.

Kant crea quasi una scala in ordine di importanza riguardo alcune facoltà, mettendo in primo piano quelle più concrete, mentre considera inferiori abilità come la sensibilità e l’immaginazione, tipiche dell’infanzia. Kant predilige il metodo socratico per lo sviluppo della capacità di giudizio, perché volto a favorire il raggiungimento autonomo di obiettivi, grazie agli stimoli dell’educatore. Il traguardo di questo percorso è la ragione ossia la capacità di cogliere i principi. L’educazione naturale ha anche la funzione di limitare, quando necessario, la libertà del fanciullo e assecondarlo ad esprimere i propri bisogni, cercando di
distinguerli dai capricci tipici infantili.
Infine Kant ci spiega la sua educazione pratica che assume l’abilità, la prudenza e la moralità. Quest’ultima rappresenta l’obbedienza ad una legge morale “pura”, mentre l’esercizio al dovere forma il carattere dell’individuo. Con Rousseau avevamo parlato di bontà innata dell’uomo e qui Kant lo contraddice, infatti ritiene che l’uomo possa diventare buono tramite la virtù. “Diventare buono” , però non significa compiere delle buone azioni per timore di Dio, ma per coscienza. A differenza di Rousseau che nel suo Kindergarten aveva costruito tutto su misura per i bambini, Kant viene accusato di adultismo quindi spesso si rivela incapace di costruire percorsi educativi su misura per ogni allievo e propone aspirazioni troppo alte per le capacità effettive degli allievi. La visione innovativa di Kant porta a riflettere sull’adesione alla legge morale che potrebbe essere assunta in "Agisci in modo che la massima della tua azione (soggettiva) possa diventare legge universale (oggettiva)". In altre parole prima di agire dovremmo pensare alle conseguenze che ci sarebbero se tutti facessero lo stesso. Oggi nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria, pensiamo che sia tutto inutile, pensiamo sia inutile vaccinarsi o indossare la mascherina,
perché consideriamo il problema troppo grande e noi una goccia d’acqua nell’oceano. Ma se pensassero la stessa cosa i medici cosa accadrebbe?
Le cose possono cambiare e migliorare, ma solo se iniziassimo a pensare che non siamo soli, che non siamo gli unici a vaccinarci, ma è il mondo a farlo. Per salvaguardare se stessi nu e gli altri. Qui ci sarà la svolta epocale e la chiusura definitiva di un capitolo difficile che rimarrà per sempre nella storia.

 

BIBIANA CHIFFI, VBU, LICEO "BIANCHI DOTTULA", BARI

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