Questi “fulmini a ciel sereno” nelle nostre giornate sono delle reazioni affettive molto intense a stimoli provenienti dall’ambiente e coinvolgono sia il corpo che la mente. Per i cognitivisti ogni emozione ha inizio da un evento scatenante che produce una reazione nella quale si distinguono aspetti cognitivi, fisiologici ed espressivi. Paul Ekman, studioso delle espressioni facciali e dei gesti comunicativi, ha individuato quattro emozioni primarie che gli uomini di tutto il mondo manifestano in egual maniera, queste sono paura, rabbia, tristezza e gioia. Queste emozioni sono innate anche se ovviamente nei primi anni di vita il bambino non riesce ad averne consapevolezza e controllo. Solo dai 4-5 anni l’orizzonte delle emozioni inizia a comprendere anche quelle complesse, come l’orgoglio o la vergogna.
Spesso può essere difficile capire il significato delle emozioni che proviamo, perché dietro un’emozione apparentemente negativa può celarsi un significato positivo. Ad esempio un’esplosione di collera inizialmente potrà sembrarci uno spreco di forze che ci causa anche malumore, ma sarà anche la cosa che potrà “liberarci” da un peso e da una sensazione di frustrazione. Credo sia giusto imparare a gestire le proprie emozioni perché nel momento del loro arrivo perdiamo il controllo di noi stessi, ma allo stesso tempo penso sia sbagliato sopprimerle e accumulare dentro di noi. Ogni comportamento che assumiamo deriva da uno stimolo sensoriale, che a sua volta provoca una reazione emotiva che ci porta ad avere la risposta comportamentale che crediamo sia più utile per il nostro benessere, per questo possiamo affermare che le emozioni abbiano un valore adattivo. L’emozione è un tornado che può provocare una vera e propria tempesta dentro di noi, per questo è bene essere “emotivamente competenti”. Cosa significa? Vuol dire innanzitutto conoscere la propria sfera emotiva per poter imparare a gestirla, riuscire ad assumere il controllo di ciò che si prova ed essere in grado di riconoscere le emozioni degli altri per poter direzionare al meglio le relazioni sociali. Queste caratteristiche individuate da Salovey e Goleman formano un insieme molto complesso di abilità che devono essere un obiettivo da raggiungere. Tramite l’esperimento del piccolo Albert possiamo anche dire che le emozioni possano essere condizionate perché nonostante al piccolo fosse sempre piaciuto molto giocare con un ratto bianco, Watson ogni volta che Albert si avvicinava al ratto produceva rumori forti che spaventavano il bambino. Dopo qualche giorno il bambino iniziò a piangere e a mostrarsi impaurito alla sola visione del ratto o di qualsiasi altra cosa simile come una barba bianca.
Questo perché associava la barba bianca al pelo del topo che a sua volta associava a rumori assordanti. È un evidente sviluppo di una generalizzazione nei confronti dell’evento
accaduto, cioè un’estensione della risposta a stimoli diversi da quelli che originariamente l’avevano scatenata. L’obiettivo di Watson era quello di dimostrare che molti comportamenti degli individui siano il prodotto di condizionamenti ambientali e che un’emozione può essere acquisita o eliminata purché si crei un ambiente conforme a ciò che si vuole ottenere.
Possiamo dire che questo esperimento sia ancora attuale perché tutt’oggi esistono tecniche di decondizionamento per eliminare o ridurre stati emotivi negativi. Lo sviluppo delle emozioni varia in base al ruolo della società e della cultura in cui viviamo, quindi se alcune culture prediligono l’espressione incontrollata delle emozioni altre ci insegnano a dominarle e questo incide sulla nostra risposta alle emozioni.
“La vera crescita è verso il basso, ma nessuno lo pensa mai” dice Paola Mastrocola, parlando dell’importanza delle radici che sono metafora di basi imprescindibili per vivere una vita adulta responsabile. Credo che tutti i genitori siano fieri della crescita in altezza dei propri piccoli, ma si sa che un albero che cresce molto in altezza, senza radici solide crollerà alla prima folata di vento. È compito dei genitori, far sì che le radici dei propri figli siano ben salde al terreno e ciò è possibile solo dando sicurezza, facendo sentire la propria presenza costante, assicurando sempre una parola di conforto. Un bambino sicuro di sé sarà in grado di apprendere a 360 gradi i valori che i genitori gli trasmetteranno e di portarli dentro di lui per sempre. I valori sono ciò che più di tutto lega le due parti, perché porta il figlio a sentirsi completamente parte del gruppo familiare visto che gli viene affidata la chiave del patrimonio di valori, atteggiamenti, insegnamenti unici della propria famiglia. Il solo fatto che i propri genitori confidano nel proprio figlio una cosa così importante lo farà sentire speciale e automaticamente fortificherà il rapporto di fiducia con loro.
Credo sia capitato a tutti di non sentirsi capiti da nessuno e di trovare conforto in uno sguardo complice di una persona a cui non serve che tu apra bocca per poter capire cosa tu stia succedendo. Si chiama empatia ed è un termine che deriva dal greco, en-pathos “sentire dentro” proprio perché grazie a questa si riconoscono le emozioni degli altri come se fossero proprie. Questa abilità sociale possiamo dire sia parte del corredo genetico della nostra specie anche grazie agli studi condotti da Rizzolatti sui neuroni a specchio. Questi speciali neuroni permettono di spiegare fisiologicamente la capacità dell'uomo di porsi in relazione con altri individui e possono essere importanti per la comprensione delle azioni di altre persone, quindi per l'apprendimento attraverso l'imitazione. Sentirsi compresi con un solo sguardo da una persona, ci fa sentire amati, ci fa sentire le farfalle nello stomaco perché non riusciamo a capacitarci di come i nostri occhi parlino e ci sia un altro paio di occhi che parli la stessa lingua. Non ci sono molte altre parole per spiegare quella sensazione, ma chi l’ha provata, sa bene di cosa sto parlando. Non posso dire di sapere cosa sia l’amore, ma il sentirsi amati sì! Si tratta di piccole attenzioni a cui nessuno fa caso, ma che hanno la magia di farci sentire protetti, bambini, stranamente felici. Per me non significa soltanto ricevere attenzioni, vuol dire voler dare sempre di più per vedere star bene l’altro, perché infondo se sta bene l’altro sto bene anch’io. L’influenza che questa persona ha su di noi che riesce a farci dimenticare delle nostre emozioni e a farci vivere le sue ci fa sentire complici e isolati da tutto. C’è una parola tedesca che credo racchiuda tutto ciò che posso voler dire: “zweisamkeit”. È una parola intraducibile in italiano, ma alla lettera significa “solitudine in due” ed è “quello stato paradisiaco in cui due anime si ritrovano, formando un alone di solitudine fra loro, isolandosi dal mondo e bastando a se stesse” (tratto dal romanzo “Io non mi vendo” di Vincenzo Fiore).
Nella vita sono questi i due elementi fondamentali che fortificano le radici proprio albero e permettono che cresca forte. Nonostante la vita spesso sembra voglia sradicarlo dal suolo bisogna sempre cercare nelle proprie radici la forza di non abbandonarsi mai.
BIBIANA CHIFFI, VBU, LICEO "BIANCHI DOTTULA", BARI