In Myanmar, ex Birmania, il regime militare, tornato al potere dopo il golpe del primo febbraio, ha inizialmente tentato di staccare la spina a Facebook, Instagram, Messenger e Whatsapp. Questo perché i social sono uno strumento fondamentale per la condivisione del dissenso e per l’organizzazione di azioni di mobilitazione e protesta.
Circa metà dei cittadini del Myanmar utilizza Facebook ed in questi giorni si sono diffuse le foto di una campagna di disobbedienza civile che sta montando nel Paese, secondo quanto riportato da alcune testate locali, come Myanmar Now e Myanmar Times.
La popolazione ha manifestato il proprio dissenso in diversi modi, anche nella forma di quello che, dall’altra parte del mondo, in America Latina, chiamano il “cacerolazo”(proteste con padelle e pentole). Il rumore di coperchi e pentole si è unito al grido degli slogan contro la dittatura e l’arresto di Aung San Suu kyi, accusata di aver importato illegalmente 6 walkie-talkie dall’estero. Un capo di accusa ridicolo che, però potrebbe costare all’ex Consigliere di Stato e Premio Nobel della Pace, due anni di prigione. Negli ultimi giorni si è aggiunta l’accusa di aver violato le disposizioni contro la pandemia per aver organizzato una protesta.
La stampa locale ha riportato le parole del generale Min Aung Hlaing che giustifica il golpe, dicendo che l’attuale stato di emergenza è reso necessario dalle presunte irregolarità avvenute nelle elezioni dell’8 novembre scorso.
Molti considerano il golpe di febbraio come uno sforzo da parte dei militari per provare a conservare il proprio potere, minacciato dal risultato delle elezioni di novembre. La grande maggioranza ottenuta dalla Lega Nazionale per la Democrazia, avrebbe potuto comportare l’abolizione di quella parte della Costituzione del 2008, che garantisce alla nomenclatura militare un ruolo sovradimensionato all’interno delle strutture governative.
Le elezioni del 2105 avevano segnato la vittoria della LND, Lega Nazionale per la Democrazia, che aveva ricevuto la maggioranza assoluta dei seggi.
In quella occasione, i militari avevano trasferito il potere pacificamente, dando inizio, così si pensava, ad una nuova era: per la prima volta, dopo il colpo di Stato del 1962, nasceva un governo guidato non da militari ma da civili. Il trasferimento di potere avvenne, allora, sulla base di un accordo con la leader della LND, Aung San Suu Kyi, che infatti negli anni successivi ha visto cambiare la sua immagine nella stampa internazionale. Da eroina e Premio Nobel per la pace è diventata, agli occhi dell’Occidente, una delle principali sostenitrici della persecuzione della minoranza musulmana dei Rohinga.
Intanto, le proteste contro il regime militare continuano, represse duramente dalla polizia. Le fonti più recenti parlano di arresti di massa e di manifestanti uccisi.
Gaia Colaianni IVBu, Liceo Bianchi Dottula - Bari