Da poco, tutti noi abbiamo “celebrato” l’anniversario del primo anno di pandemia. Giustamente, leggendo questa prima frase, molti penseranno: “E cosa ci sarebbe da festeggiare? Non si tratta certo di un evento tanto gaio”.
Ebbene, ecco spiegato il motivo del virgolettato... Non si tratta di un anniversario da festeggiare, questo è certo, ma, a mio avviso, dovremmo tutti cercare di “guardare” dentro noi stessi, per provare a risalire all’origine della pandemia, a quando tutto è cominciato, come si direbbe in apertura di una fiaba, e riflettere su come tutta la nostra vita sia stata stravolta, e su come sia cambiato il nostro concetto di “normalità”, che ci ha portati ad adattarci a norme e regole che, fino a poco più di un anno fa, non avremmo mai minimamente immaginato di ritrovarci a dover rispettare, al fine di tutelare la nostra salute e quella del prossimo.
Tutti, chi più chi meno, abbiamo pagato, e stiamo ancora oggi pagando, le conseguenze di questa emergenza sanitaria, che continua a presentarci conti sempre più salati; ma in questo articolo vorrei focalizzare l’attenzione su coloro che, più di tutti, hanno visto la loro quotidianità venire completamente stravolta, in uno schiocco di dita: i giovani.
Mi riferisco alla generazione dei “grandi” del futuro, nei quali gli adulti di oggi ripongono tutte le loro speranze e le loro aspettative, spesso, lasciatemelo dire, esagerando. Sì, perchè noi giovani non siamo macchine, non abbiamo mai affrontato una pandemia mondiale prima d’ora, e siamo i primi a lottare con tutte le nostre forze.
Abbiamo rinunciato a tutto...Alle scampagnate con gli amici, alle discoteche di sabato sera, al contatto umano, che in questa fase della nostra vita è fondamentale...E tutto questo non ci viene mai abbastanza riconosciuto.
Tuttavia, non stiamo sacrificando solo la nostra adolescenza; no, perchè, probabilmente, è ora che stiamo scrivendo, magari inconsapevolmente, le sorti del nostro futuro. Cosa faranno da grandi gli adolescenti dell’era Covid? Bella domanda, già, osservazione davvero arguta.
Se ne potrebbe fare una questione di Stato: che futuro avremo? Leggere questa frase nero su bianco, lo ammetto, le fa perdere quel sottile velo di ironia che ho individuato di primo acchito, e, anzi, mi spaventa. Che ne sarà del mio futuro? Che ne sarà del NOSTRO futuro?
Mentre tento di trovare le parole giuste per rispondere a questa domanda, la mia mente comincia a vagare, e ad aprire cassetti che ormai mi sembrano chiusi da così tanto tempo, che a quest’ora saranno impolverati.
E penso alle giornate trascorse a scuola, ma non a quelle più recenti, durante le quali la mascherina, talvolta, quasi mi impediva di respirare, e non potevo avvicinarmi ai miei compagni neanche per sbaglio, non potevamo toccarci, abbracciarci, consolarci a vicenda dopo un brutto voto o gioire insieme per un voto tutt’altro che negativo. I pensieri fuggono, piuttosto, alle giornate felici, quelle che la compagnia e la vicinanza non rendevano mai troppo pesanti. Il pensiero si sposta, poi, all’aspetto pratico che il dover rinunciare alle lezioni in presenza ha, inevitabilmente, portato con sé: la DaD, didattica a distanza, o, se preferibile, DDI, Didattica Digitale Integrata, minima è la differenza. Com'è cambiato il modo di apprendere e di fare scuola, da quando ci ritroviamo a confrontarci con compagni e professori attraverso lo schermo di un dispositivo elettronico? Decisamente tanto, non solo a livello di rapporti umani, ma anche a livello di praticità e chiarezza.
Molti sostengono che quella che stiamo facendo da ormai un anno non sia scuola: ebbene, non sono d’accordo. Resta scuola, e vale come tale.
Dunque, secondo me, la risposta alla domanda “cosa faranno da grandi gli adolescenti dell’era Covid?” è tutta qui. Faranno, o meglio, faremo, esattamente ciò che avremmo fatto se il Covid non avesse prepotentemente portato via parte delle nostre vite. Certo, è innegabile che le ripercussioni psicologiche di questa situazione continueranno a distorcere la nostra visione della vita e della realtà per molto, molto tempo ancora, ma non crediate, cari adulti di oggi, non siamo poi così fragili e bisognosi di protezione, o di una strada “spianata”, dal momento che, sono certa, saremo perfettamente in grado di costruire da soli il nostro futuro.
E no, ancora una volta vi dico di stare tranquilli, non ci ritroveremo a dover fare i conti con incolmabili lacune, e buchi grandi come crateri. Perchè? Beh, direi che il perchè è semplice...Perché ci stiamo impegnando. Certo, magari non tutti (questo, e i docenti lo sanno meglio di noi, si può riscontrare a prescindere dal Covid), ma credo di poter parlare a nome di molti miei coetanei quando dico che ce la stiamo mettendo davvero tutta.
Dunque, la richiesta che avanzo oggi è solo una, un appello che spero non rimarrà inascoltato: ponete in noi la vostra fiducia, fidatevi degli “adolescenti dell’era Covid”, perché possiamo tanto, possiamo tutto, se ci prefiggiamo di raggiungere un obiettivo, state pur certi che ce la faremo, e nessun “effetto collaterale” della pandemia potrà fermarci.
Auguro a tutti noi della nuova generazione di venire fuori da questa situazione avendo raggiunto un nuovo, piccolo traguardo: aver acquisito maggiore consapevolezza, maturità, voglia di fare, e, soprattutto, ci auguro di venirne fuori più forti, non invincibili, perché siamo umani e, come ben sappiamo, la perfezione non è di questo mondo, ma, perlomeno, non fragili come un calice di cristallo. Costruiamo ora le fondamenta per divenire ciò che vogliamo essere, per divenire gli adulti di domani, sui quali gli adulti di oggi sperano di poter contare, e ai quali sperano di poter passare il testimone un domani, che mi piace pensare essere sì lontano, ma non troppo.
Non lasciamo che la pandemia cambi il corso della nostra vita per sempre, come un treno che deraglia fuori dai binari: arginiamo gli ostacoli, e lasciamoceli alle spalle, perché solo così potremo, finalmente, avere il mondo in mano.
Michea Alessandra – Liceo “G. Bianchi Dottula” Bari – classe 4^BU Scienze umane