La situazione che il mondo intero sta affrontando ha infatti determinato un nuovo modo di vivere, relazionarsi, produrre, commerciare e fare politica: sorge di conseguenza il dubbio di essere in una fase di post-globalizzazione, dubbio che può essere risolto solo attraverso l’analisi della validità della globalizzazione tradizionale. Il mondo globalizzato, a cui l’uomo era abituato sino ad un anno fa, è un mondo imperniato sulla complessità e sulla conseguente incertezza, la quale provoca disordine e squilibrio. Infatti la globalizzazione incide sul modo in cui le persone vivono e percepiscono la loro vita e il mondo, il quale sembra essere diventato “più piccolo”. In questo contesto le persone vivono un sentimento di interdipendenza globale, cioè sono consapevoli che quello che avviene in qualsiasi parte del mondo, ha effetti decisivi sulla vita di tutti, e ciò genera un senso di smarrimento e impotenza. L’uomo globalizzato vive dunque in una situazione psicologica di precarietà e incertezza, in cui l’inadeguatezza di fronte ai cambiamenti coincide con l’impossibilità di costruire relazioni e situazioni stabili. Per designare questa situazione dell’uomo globalizzato, il sociologo Zygmunt Bauman ha coniato l’espressione “vita liquida”, che caratterizza il postmoderno, cioè la condizione seguita alla modernità“solida” in seguito alla caduta del muro di Berlino nel 1989. Ricorre alla metafora della “fluidità”, poiché a differenza dei corpi solidi, i liquidi non hanno una propria forma, ma la cambiano continuamente dando un’idea di leggerezza. E così come i fluidi “scorrono”, allo stesso modo l’uomo nella società postmoderna continua a “correre”, inseguendo l’orizzonte sempre più lontano del desiderio e del soddisfacimento e tendendo verso nuove speranze. Dunque la modernità, rappresentata dallo stato solido, era fondata su una società rigida che inquadrava l’uomo garantendo certezze; invece la post-modernità è caratterizzata dal cosiddetto “stato liquido”, cioè dalla mancanza di punti di riferimento precisi e di valori consolidati. In questa società individualizzata il valore supremo è la ricerca di una felicità istantanea, che però provoca nell’individuo il peso della solitudine e della mortalità, e lo portano alla cura ossessiva per il proprio corpo e per il proprio benessere. In questa modernità liquida anche il lavoro perde il suo ruolo centrale, poiché non rappresenta più il pilastro intorno al quale legare la propria identità e i propri progetti di vita, ma è diventato precario, flessibile, provvisorio e spoglio di salde prospettive. Nella post-modernità cambia anche la percezione del tempo: l’unica dimensione temporale è l’istantaneità, intesa come velocità e vissuta con leggerezza e con la gratificazione immediata. Ne deriva una “sicurezza insicura” o “certezza incerta”, cioè uno stato psicologico che impedisce all’individuo di costruirsi un proprio progetto di vita e un’identità personale, data la sconcertante “fluidità” del reale. Nel linguaggio filosoficodunque la radicalizzazione dell’incertezza coincide, come già affermato, col passaggio dal moderno al post-moderno, termini proposti per la prima volta dal filosofo francese Lyotard. Nella sua opera “La condizione post-moderna” del 1970, Lyotard afferma che è terminata l’epoca delle “grandi narrazioni”, cioè di quelle teorie che hanno avuto la pretesa di spiegare tutta la realtà; al contrario, l’era post-moderna è complessa e dunque non può essere risolta con un’unica teoria. Se c’è complessità, di conseguenza anche la soluzione deve essere complessa e vari devono essere gli strumenti per esaminarla: la post-modernità è infatti incentrata sulle “piccole narrazioni”, cioè su molteplici teorie, ognuna delle quali si focalizza su un determinato aspetto della realtà. Sulla stessa linea si muove anche Gianni Vattimo, il quale assimila le “grandi narrazioni” al “pensiero forte”, e le “piccole narrazioni” al “pensiero debole”. L’aggettivo “debole” configura un pensiero che non ha presunzione ed arroganza di fondo, ma che si mette in discussione e può cambiare, poiché è plurale, vario, aperto ad ogni cambiamento della realtà complessa, proprio come il liquido che si adatta a tutte le forme. La liquidità del mondo post- moderno è però caratterizzata dall’omologazione e dall’alienazione della vita frenetica, problemi strettamente correlati al consumismo. Infatti per Bauman, l’archetipo di questo modo di vivere è il consumatore, preso dalla voglia compulsiva di fare shopping, considerato un “rito d’esorcismo”, attraverso il quale costruire nuove identità e scappare dall’agonia e dall’insicurezza. Il cittadino quindi non acquista per soddisfare i propri bisogni, ma compra un prodotto solo per ciò che esso rappresenta sul piano simbolico: infatti le merci vengono dotate di una forte carica simbolica, divenendo strumenti per acquistare un’identità (che però è sempre più liquida e incerta), e chi non può partecipare a questo rito viene automaticamente escluso. Infatti mentre prima a sentirsi ai margini della società era chi non lavorava, ora invece è chi non consuma: Bauman afferma che alla società dei produttori (propria della fase solida della modernità), è subentrata la società dei consumatori.
Lucia De Benedetto - Liceo "G. Bianchi Dottula" Bari - classe 5^BU Scienze umane