Alla luce delle criticità attuali, sorge un dubbio: è possibile progettare un mondo nuovo e una società nuova?
A tal proposito una possibilità è offerta da Hans Jonas, il quale nel 1979 scrive “Il principio di responsabilità”, in cui propone un’etica di fondo. Egli afferma che il mondo attuale è un mondo senza etica in cui “nessuno si salva da solo”, dal momento che il comportamento del singolo incide sulla collettività. Per questo motivo, nonostante la globalizzazione sia incentrata sull’individualismo, è necessaria la responsabilità globale, poiché solo attraverso l’azione collettiva è possibile costruire un mondo nuovo. Egli dunque propone una morale della globalizzazione che deve servire all’umanità intera e deve avere conseguenze sulle generazioni future.
Questa etica, che si configura come un imperativo categorico assoluto e quindi un dovere morale, coincide con il concetto di “social-catena”, ovvero una società che funziona perché ognuno svolge il suo compito con responsabilità e permette la ri-creazione di certezze, in modo da rendere la permanenza sulla terra “autentica”, cioè vera. Un’altra proposta è quella offerta dalla filosofa americana Martha Nussbaum, che nell’opera “Coltivare l’umanità”, afferma che bisogna comportarsi come cittadini del mondo, cioè consapevoli di appartenere ad un gruppo con tradizioni locali, senza però dimenticare di vivere in un mondo multietnico. E’ dunque necessario “coltivare” e prendersi cura dell’umanità, attuando un approccio costruttivo attraverso le 3 capacità della teoria del “capabilities approach”: 1. Essere in grado di esaminare criticamente se stessi, per evitare di cadere in qualsiasi forma di pregiudizio; 2. Concepirsi non solo come membri di un gruppo o in generale di una nazione, ma come esseri umani legati da interessi comuni e dalla necessità di un reciproco riconoscimento: di conseguenza per capire una persona bisogna conoscere le tradizioni ed entrare quindi in relazione col diverso; 3. Sviluppare l’immaginazione narrativa, cioè la capacità di raccontarsi agli altri per farsi conoscere e allo stesso tempo immaginarsi nei panni di un’altra persona e capire le sue emozioni, i suoi desideri e le sue speranze narrandole: bisogna cioè mettersi nei panni l’uno dell’altro, sviluppando un rapporto empatico.
Alla luce di questa analisi, non resta che chiedersi se il mondo liquido funziona ancora, o se è assolutamente necessario attuare cambiamenti. “La pandemia accelererà le dinamiche geopolitiche esistenti e metterà alla prova la forza dei sistemi democratici europei”: è quindi necessario un nuovo tipo di globalizzazione, in grado di promuovere la solidarietà tra gli stati e di trovare un equilibrio tra vantaggi dei mercati aperti, sovranità e sicurezza dei Paesi. Dunque la carta d’identità del nuovo cittadino, che comporta una raccolta di identità concentriche (familiare, locale, regionale e nazionale), dovrà essere concepita come identità terrestre, in vista del compimento stesso dell’unità e diversità umana.
Lucia De Benedetto - Liceo "G. Bianchi Dottula" Bari - classe 5^BU Scienze umane