La pandemia, che come un uragano si è abbattuta nelle vite di tutti, ha mostrato ferite profonde e nascoste che implorano aiuto. Il lockdown ha costretto un’intera popolazione a casa, luogo che dovrebbe essere il focolare caldo e accogliente di una famiglia si è trasformato in una trappola mortale per alcune donne.
Nel 2020 i femminicidi sono aumentati esponenzialmente. Eppure il mondo non si è soffermato troppo su queste tragedie di cronaca nera. In fondo è un tema che non riguarda tutti. Invece è necessario ora più che mai assumersi le proprie responsabilità, ogni singolo evento è frutto di azioni compiute o mancate . Ignorare vuol dire rendersi carnefici e complici di ogni crimine, disuguaglianza e discriminazione. Significa esprimere il proprio disinteresse verso l’esterno che aspetta un ramo a cui aggrapparsi. L’indifferenza miete vittime ogni giorno inaridendo la solidarietà che deve essere “attiva“, feconda e attenta ai bisogni altrui. Già da metà Novecento, Hans Jonas richiamava ad un senso di responsabilità sociale, dove ognuno è complice del destino dell’altro e del proprio. Anni dopo le sue riflessioni, riecheggiano ancora più forti, dimostrandosi vere. La terra subisce continui mutamenti climatici a causa di gesti privi di coscienza e finalizzati al tornaconto personale di potenti impegnati solo ad arricchirsi. Nel frattempo in paesi meno fortunati rispetto al ricco Occidente, si consumano scenari tragici. In Siria i bambini vivono accompagnati dal suono delle bombe, con il ritmo incalzante dei carri armati , guardando i volti prosciugati dal dolore dei loro genitori. La fame e la povertà divorano l’Africa e l’Oriente mentre la sovrabbondanza che c’è in Occidente dilania una popolazione viziata e piena di cicatrici dolorosissime al suo interno.
Tuttavia in quella che sembra la perdita di ogni valore e identità rimane qualcosa che può preservare e anzi garantire lo sviluppo di essere umani empatici, con un cuore educato a sentire il dolore altrui come fosse il proprio.
Il faro che può portare ogni nave smarrita al suo porto di appartenenza è l’istruzione. Platone, un grande filosofo dell’antichità, intuì per primo come nutrire le anime dei giovani. E’ sua una frase dalla quale oggi si dovrebbe partire, ovvero: “Non si apre la mente se prima non si apre il cuore”. La scuola deve educare prima ed insegnare poi, ha la missione di smuovere le corde di ogni allievo ponendogli domande, dandogli la possibilità di esprimersi in piena libertà. L’educazione è il pilastro della vita di ogni individuo, gli permette di avere uno sguardo ampio che si accorge di chi è in difficoltà per porgergli la mano e rialzarlo. Le istituzioni devono garantire ad ogni bambino nel mondo, la possibilità di coltivare giorno per giorno, il proprio essere attraverso la conoscenza liberandosi dalle tenebre dell’ignoranza che impediscono di guardare l’altro nella sua nudità di essere umano. Solo chi è consapevole dei propri mezzi può usarli per creare un mondo più consapevole, attento alle problematiche che riguardano ciò da cui è circondato. Il progresso nasce dove la libertà è tutelata dallo Stato, per questo bisogna gridare a gran voce il diritto allo studio in ogni parte del mondo, solo questo può riportare la società a ritrovarsi nella sua essenza più profonda, quella dove ognuno vede l’altro come un fratello, dove si capisce che i grandi traguardi si raggiungono insieme e non separati.
La diversità è un dono preziosissimo, per questo va conservata e protetta per le sue fragilità e accolta nelle sue mille sfaccettature. Ogni giovane deve sentirsi libero di cadere, di sbagliare per essere reintegrato in una società che perdona, educa e guida al sentiero più giusto.
Se qualcuno non ha voce bisogna rendersi megafoni delle sue battaglie.
C’è un'isola che attende di essere abitata da uomini che collaborano tra di loro, che pietra dopo pietra danno vita ad un’oasi, dove le ali della libertà dispiegano felici sconfiggendo l’oscurità. Quella paura che impedisce di navigare le onde del futuro, ha bisogno di guide che aiutino i giovani ad imbracciare i remi della rivoluzione e del cambiamento.
Maria Lisa Fiore – Liceo “G. Bianchi Dottula” classe 4^A Linguistico