Il contenuto del seguente articolo è ispirato dal lungimirante poema “Aspettando i barbari” del poeta Kostantinos Kavafis, da cui è presa la frase sopraccitata. “Aspettando i barbari” riporta ciascuno di noi alla responsabilità individuale, invitandoci a non scaricare sugli altri i nostri doveri. Al giorno d’oggi, dopo secoli di guerre sanguinose e promesse di pace menzognere, è imperativo fare rumore per chi è costretto al silenzio. Ma soprattutto, è arrivato il momento di smascherare governi, troppo spesso impegnati a nascondere la realtà dei fatti per salvaguardare i propri interessi. Lo scoppio della neo guerra tra Ucraina e Russia ha inevitabilmente spostato tutta l’attenzione su di sé, a causa delle vergognose minacce di un possibile attacco nucleare rivolte dal presidente russo Vladimir Putin, a chiunque decida di schierarsi in favore dell’Ucraina. Un conflitto che all’inizio sembrava solo circoscritto ai due ma che si è immediatamente esteso al resto del mondo, non solo per il rischio che un’arma nucleare possa distruggere le vite di miliardi di persone. Ma specialmente per i danni economici come: sanzioni sulle forniture energetiche e il conseguente aumento dei costi di benzina e gas. Atti volti ad indebolire i fragili equilibri di un Europa ancora in via di ripresa dopo due lunghi e tragici anni di Pandemia.
Tuttavia, l’intento di questo scritto è quello di riportare l’attenzione su di un problema troppe volte volutamente ignorato per occultare segreti inconfessabili: l’immigrazione. L’Italia culla di arte e cultura è ancora terra di divisioni intestine e corruzione. Questa triste constatazione era già stata riscontrata dal Sommo Poeta Dante Alighieri nei primi anni del Trecento, perciò descritta nel suo capolavoro “La Divina Commedia". Nello specifico, l’invettiva che denuncia i vizi dei cittadini ed i soprusi dei nobili sono il nucleo attorno a cui ruota la trama del canto sesto del Purgatorio, dalla quale si trae questo verso: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie ma bordello!”, una frase pericolosamente attuale. Gli abitanti del Bel paese sono vittime inconsapevoli di una maggioranza di politici interessata esclusivamente a mantenere i propri privilegi, non curandosi di abbracciare la diversità che giace agli angoli delle strade. Sola, senza prospettiva di futuro, quasi pentita di vivere nello Stivale. Un esempio lampante della non curanza italiana nei confronti dei più deboli, sono le migliaia di famiglie provenienti da paesi dell’Africa dilaniati da guerre, fame e povertà. Sono le storie di uomini prima accolti dal nostro Stato, sulle sponde della prima isola che vien loro incontro, cioè Lampedusa, in Sicilia. Prima salvati e poi abbandonati ad un destino con scarse possibilità di integrarsi nella società italiana. A causa di un’inadeguata conoscenza verso quest’altra popolazione. Un’ignoranza che si converte in un’arma di discriminazione e violenza nei confronti di chi non si comprende. A fronte di questa osservazione, sembrerebbe che la colpa sia attribuibile ai cittadini. E invece no. Gli assassini della creazione di un popolo eterogeneo, e soprattutto consapevole di quanto l’integrazione di ogni colore sia un valore prezioso, sono proprio i piani alti. L’ ennesima dimostrazione di quanto, l’egoismo e la paura di non essere all’altezza di gestire la pluralità sì trasformino in veleno per la democrazia. Perché come si può dire “democratico” un sistema che esclude la molteplicità? La democrazia è un atto di amore per il prossimo. Una comunione della stessa sostanza, che è: l’uguaglianza. Eppure i fatti mostrano altro. Viva testimonianza di questa cruda realtà, sono gli immigrati provenienti da paesi in crisi, dati in pasto alla criminalità organizzata, perché lasciati soli dalle istituzioni. Nei loro paesi di appartenenza avevano un nome, una famiglia, un titolo di studio, una professione ben avviata. E qui? Nulla se non appellativi denigranti, visi nemici e possibilità di trovare un lavoro pari zero. Sono servi di una patria che si rifiuta di essere la loro. Lo straniero è barbaro perché non paga le tasse, non si adegua alle tradizioni, non lavora onestamente. Lo straniero è un miracolo! È l’agnello immolato dai santi. E la santità, è una faccenda seria; va insegnata, adorata e protetta. Guai a chi la sfiora!
Maria Lisa Fiore classe 4AL, Liceo Linguistico “G. Bianchi Dottula”, Bari
Le guerre che abbiamo dimenticato
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- Inserito da Lia De Marco
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