Che cosa la guida e quali sono i suoi limiti? La globalizzazione non è un concetto scientifico con una definizione precisa. È stato adottato dagli scienziati, a seguito della diffusione dei media negli anni ‘80 del secolo passato. Per capire il significato di questa definizione, immaginiamo un mondo in cui ogni paese formi un’unità economica autosufficiente. Qualunque cosa sia consumata dalla popolazione e prodotta all’interno del paese, a sua volta è usato all’interno dei confini nazionali. Ci troveremmo in un mondo deglobalizzato, per il quale si intende un’era in cui ogni paese consuma solo ciò che produce per sé. E se alcuni paesi iniziassero a interagire economicamente l’uno con l’altro?. Avrebbe inizio un processo di scambio basato sull’esportazione, vendere i propri beni, ed importazione, comprare gli averi. Altri esempi si basano sul fatto che alcune persone, ritenendo che ci siano lavori migliori in paesi confinanti, danno avvio al processo di emigrazione, ovvero spostamento dalla propria patria verso un’altra economia. Primo Levi nella sua celeberrima opera: “Se questo è un uomo” denuncia le atrocità dei lager, dominati dalla crudeltà di uomini che annientano i propri simili. I detenuti sono ridotti a bruti, ad animali privi di ragione. Primo Levi veste i panni dell’eroe mostrandosi desideroso di vivere e di compiere la sua impresa di resistenza all’annientamento. Lo sterminio di Auschwitz determinò il passaggio evolutivo dalla modernità alla postmodernità, dunque dalla società di massa alla società globale. La memoria, il tentativo di ricordare i versi della Divina Commedia nell’undicesimo capitolo dell’opera autobiografica, diventano illusione di campi di concentramento; gli uomini sono vittime di un naufragio che ha travolto le loro vite e spezzato i loro legami più profondi. L’unica via di salvezza in questo caso è la letteratura come momento di estraniazione dalla degradazione del genere umano. È necessario chiarire il concetto di “globalizzazione”, essa è la rete di relazioni di ordine economico, politico, sociale e culturale che intercorre tra i diversi Paesi; è stata resa particolarmente efficiente dall’affermazione delle tecnologie informatiche e telematiche. Le miserie umane di cui l’uomo fu ed è artefice, determinarono lo sgretolamento delle sue certezze e condussero, al fallimento della ragione hegeliana. Questi eventi storici devastanti dimostrarono l’inefficacia della razionalità e della provvidenza storica, non è certamente possibile considerare “tutto ciò che è reale, razionale e tutto ciò che è razionale, reale”. La brusca e drammatica fine della modernità consumatasi tra gli orrori dei lager e tra la frantumazione degli ideali di libertà ed emancipazione, condusse gli uomini alla consapevolezza di essere infinitamente piccoli in un mondo così vasto. L’uomo dopo aver visto l’infrangersi dei suoi sogni, delle sue ambizioni deve comprendere ed accettare la sua reale natura. L’umanità a causa del consumismo ha subito una degradazione, si pensi al caso dei proletari i quali erano sfruttati al tal punto da vivere uno stato di alienazione e da divenire come affermò Marx, “bestie”. Come nota la scuola di Francoforte, questo spropositato consumo viene inoltre promosso dai mass media al fine di manipolare le masse, con l’uso della cosiddetta persuasione occulta che rende l’uomo ad una dimensione. Dunque cosa è accaduto all’uomo in questo arco temporale?. È stato inglobato in un sistema, come si può notare dall’immagine del Leviatano di Hobbes; nell’infinito incarnato dal gigante- stato che detiene il potere politico e religioso, il corpo del gigante è composto da tanti uomini privi di tratti personali distintivi tanto da apparire una massa informe ed ha gradualmente corroso il suo bagaglio culturale. “L’uno, nessuno e centomila” di Pirandello e la rappresentazione delle molteplici realtà ne fondano l’idea. La società si è progressivamente corrosa e ciò ha coinvolto in questo processo di liquefazione: la cultura, la religione, la politica e persino l’amore, accrescendo l’egoismo e l’individualismo. Ciò ha causato un divario sociale più profondo. Ha portato alla nascita di nuove forme di povertà come nel caso di quella relativa, ossia di coloro che pur potendo soddisfare i propri bisogni primari non possono condurre uno stile di vita uniforme agli standard della società di appartenenza. Dinnanzi a questa omologazione l’uomo deve reagire, ed è compito della filosofia educare la sua umanità, la sua empatia generando un’etica di tipo globale. La felicità è una scelta personale. Non si nasce felici, né tanto meno lo si è, lo si sceglie piuttosto. È il risultato del lavorare sul nostro carattere cercando di migliorarlo. Non possiamo mutare il nostro destino, ma possiamo cambiare il nostro carattere. È chiaro che quest’ultimo può entrare in conflitto con il nostro destino, anzi forse è proprio auspicabile che ciò avvenga. In un modo molto paradossale, ricerchiamo la felicità attraverso l’infelicità. L’essere sopraffatto dall’avidità, consumato dal consumismo stesso, divenuto merce, deve ritrovare il proprio Io e metterlo a vantaggio della collettività, deve coltivare l’umanità attraverso momenti di autocritica, la capacità empatica di immedesimarsi nei panni altrui. Dunque l’uomo per integrarsi in un mondo globale deve comprendere e rispettare innanzitutto la propria natura e la propria individualità, deve apprezzare le differenti culture/ usi e costumi, non omologandosi ma mantenendo la propria unicità, custodendo gelosamente i propri valori nel tentativo di ricreare una “società solida”.
Questo processo nasce dopo alcuni presupposti storici di estrema importanza come: la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, lo sviluppo dei mezzi di trasporto e di comunicazione, la caduta del muro di Berlino e, in conclusione, anche la Terza Rivoluzione Industriale. La globalizzazione influenza ogni aspetto della vita dell’uomo, sia in senso negativo, che positivo. Ma qual è la conseguenza?. La società, a suo avviso è liquida, senza forma, si basa sull’individualismo, sulla diffidenza, sulla paura dell’altro. L’uomo, allora, chi è? Bauman riporta le parole di Umberto Eco: «una sorta di bestiale e solitario Adamo che non sa ancora nulla delle relazioni sessuali, del piacere del dialogo, dell’amore per i suoi figli e neppure del dolore per la perdita delle persone amate». Se la mancanza diventa vuoto, la mera vita si mostra nella sua disarmante nudità e ferisce, attanaglia nella paura, collassa sotto i colpi dell’attesa. Potrebbe essere giunto il momento di mostrarci per quel che siamo davvero, ragion per cui dovremmo osare ritrovare noi stessi in questa tendenziale consunzione delle nostre certezze.
Marika Mazzone classe 5BU, Liceo Linguistico “G. Bianchi Dottula”, Bari