“Women are born with pain built in” afferma Kristin Scott Thomas nel suo monologo in Fleabag. Si tratta del nostro destino: il ciclo mestruale, i dolori al seno, il parto, sono dolori che appartengono al corpo femminile e lo affliggono, lo flagellano.
La donna è l’epicentro della vita. È l’emblema della dolcezza, della spontaneità, dell’amore, ma anche della saggezza e dell’ingegnosità. Tuttavia, spesso la brutalità e la forza dominano violentemente queste qualità, le deumanizzano e le svuotano, lasciando solo lo spettro di una donna che di tale ha solo la forma estetica. Si tratta di gesti estremi testimoniati in film come “Monster”, che narra la triste storia di una prostituta che, dopo esser stata stuprata, perde la sua dolcezza, la sua tenerezza, anche quel briciolo di speranza che le era rimasto verso il nostro mondo e compie molteplici omicidi. Il film rende l’idea esatta del terrore e della disperazione che assillano la mente di una donna quando è sottoposta a violenze di questo tipo. Sono film che fanno percepire la bile nel fegato e i brividi che induriscono le braccia, perché viene spontaneo immedesimarsi, è ingiusto estraniarsi da avvenimenti di questo genere, essere indifferente nei confronti delle barbarie. La scena della violenza la ricordo ancora vivida nella mia mente: vedere una donna legata contro la sua volontà, con le sue parti più delicate esposte e sottoposte a torture disumane fa provare un forte senso di disgusto. La reazione che mi viene più naturale è piangere. Sono lacrime di tristezza perché, da donna, percepisco la violenza sulla mia stessa carne, sento anche io le mani di un uomo violarmi cosi intimamente, e vorrei disperatamente poter consolare quell’essere umano; ma sono anche lacrime di rabbia per l’impotenza, per esser forzata a vivere in un mondo che rifiuto di accettare, in una società ingiusta. E’ la stessa società che non ha fatto sentire Franca Rame libera di denunciare chi l’ha violata, che l’avrebbe assillata di domande senza darle tempo di ingoiare il dolore.
A mio parere, il film “Monster” non va visto con i soliti principi in favore o contro la pena di morte, pronti a giudicare il colpevole. Al contrario, è fondamentale svolgere un’analisi più simile a quella che riscontriamo in “la banalità del male” di Hannah Arendt; infatti, mi concentrerei più su ciò che ha portato una persona a commettere molteplici omicidi - crimini gravissimi – e quindi sul fatto che il comportamento della protagonista sia stato dettato dal trauma che la violenza subita ha lasciato in lei: io, da donna, posso solo comprenderla.
Un altro film che tratta in maniera altrettanto cruda l’argomento della violenza sulle donne è “The Accused”, che concerne il processo al quale è sottoposta una donna vittima di stupro. È impressionante vedere come gli uomini nel film si sentano legittimati a fare del corpo della donna ciò che vogliono, a trattare la donna come una loro proprietà, ad ignorare le sue preghiere di smettere. Soprattutto, la crudezza con la quale la protagonista viene bloccata e le voci eccitate degli uomini che incitano gli altri a violarla, come se fosse un gioco, qualcosa di divertente.
Un tema simile è trattato anche dal libro “venuto al mondo” di Margaret Mazzantini, libro nel quale si narra di un bambino nato a causa di uno stupro, di un bambino figlio della violenza.
Tutte queste opere hanno come minimo comune denominatore il “ se l’è cercata”, la tipica frase con la quale le donne vengono apostrofate quando si vestono in maniera provocante e vengono violentate. Ma è indecente che le donne non vengano considerate come esseri umani con la stessa dignità e meritevoli dello stesso rispetto per un uomo, che può vestirsi come meglio crede. Perché una donna non può essere libera di vestirsi come desidera per paura di essere aggredita? Perché insegniamo alle nostre figlie a non indossare vestiti provocanti, a non incoraggiare gli uomini, e non insegniamo agli uomini a rispettare le donne tenendo a bada i loro istinti primordiali? Perché cerchiamo di curare questo fenomeno incolpando le vittime anziché i colpevoli?
Sara Stornelli - classe 5^AL Liceo Linguistico "Bianchi Dottula" Bari
La violenza sulle donne
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- Inserito da Lia De Marco
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