Il primo ad identificare il mutismo selettivo è stato Adolf Kussmanl definendolo una condizione di “Aphasia volontaria” nel 1877.
Più tardi nel 1934 lo psichiatra svizzero Tramer con il termine in “mutismo selettivo” che indicava una “scelta di rimanere in silenzio da parte del bambino”. La successiva definizione di mutismo selettivo risale al 1983 per opera della psicologa svedese Hesselman che intendeva sottolineare la difficoltà dei bambini a esprimersi in circostanze selezionate in risposta a situazioni vissute come minacciose.
Questo punto di vista fu fatto proprio dagli americani Sue Newman e Carolyn Miller, entrambe madri di bambini con mutismo selettivo che chiesero di adottare il termine “mutismo selettivo” inteso più che come un rifiuto, come un’incapacità di parlare legata a una intensa ansia sociale.
Il mutismo selettivo è un disturbo che riguarda un sempre maggior numero di bambini. Il DSM IV (2000) inserisce il mutismo selettivo all’interno della categoria definita “altri disturbi dell’infanzia, della fanciullezza o dell’adolescenza”. Specificamente il DSM IV parla di: costante incapacità di parlare in situazioni sociali; l’anomalia deve infierire con i risultati scolastici; deve durare da almeno un mese; non sono presenti disturbi del linguaggio o fono articolari (balbuzie) e non sono presenti altri disturbi mentali (autismo, schizofrenia..)
Esistono molteplici approcci terapeutici: l’approccio psicodinamico considera il mutismo come un meccanismo di difesa che il bambino utilizza per nascondere un conflitto irrisolto con la madre; è necessario quindi indagare quale sia il motivo del conflitto per rimuovere il disturbo.
L’approccio comportamentale vede nel disturbo un comportamento sviluppato come un meccanismo di “coping” verso l’ansia; in questo caso, la strategia prevede il raggiungimento della comunicazione verbale attraverso vari step graduali.
L’approccio comportamentale cognitivo si sforza di modificare l’atteggiamento del bambino aiutandolo a reindirizzare la sua ansia e le sue preoccupazioni in pensieri positivi.
L’approccio farmacologico viene adottato in combinazione a un approccio comportamentale, diminuendo l’ansia con l’utilizzo di farmaci in modo da attuare tecniche comportamentali con maggiori possibilità di successo.
Molti più bambini sono affetti da mutismo selettivo se sfortunatamente è una vera e propria fobia, ma una fobia non è qualcosa di cui basta decidere di liberarsi.
Discialè Nicolò-Liceo scientifico E.Majorana Mola di Bari