Il 17 aprile gli Italiani sono chiamati ad esprimersi sul referendum detto “NO TRIV". Con il loro voto i cittadini potranno decidere se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa del nostro mare territoriale, cioè più o meno a 20 chilometri dalla terraferma, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente, oppure fino al termine della concessione. Se vincerà il “SI'", sarà abrogato l’articolo 6, comma 17 del codice dell’ambiente, il quale prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente, se vincerà il "NO" l'articolo non sarà abrogato. La vittoria del “NO" non bloccherà le concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia della costa italiana, quando scadranno i contratti, la vittoria del "SI" le bloccherà. Perché il referendum sia valido deve andare a votare il 50% più uno degli aventi diritto, è questo, infatti, il quorum necessario perché il risultato di un referendum sia valido, come previsto dall’ articolo 75 della Costituzione Italiana. Ma cerchiamo di capire meglio la situazione. La legge stabilisce il divieto di concedere nuovi permessi per attività di ricerca ed estrazione all’interno del limite delle acque territoriali. L’incidenza sul fabbisogno energetico nazionale degli idrocarburi estratti entro le 12 miglia marine è pari all’1% per il petrolio e al 2% per il gas (o forse anche meno, visto che nel 2013 l’incidenza complessiva su terraferma e mare entro e oltre le 12 miglia era pari al 3% per il petrolio e al 4% per gas). La produzione di greggio nazionale rappresenta il 10,1% dei consumi nazionali, mentre quella di gas contribuisce all’11,5%. Gli incentivi diretti e indiretti alle fonti fossili in Italia ammonterebbero ogni anno al 14,7 miliardi di euro. Alle casse dello Stato vengono versati dalle multinazionali 340 milioni di euro circa in media all’anno. Per le prime 50 mila tonnellate di greggio estratto all’anno non si paga niente, e così anche per i primi 80 milioni di metri cubi di gas. Il 90-93% di ciò che si estrae è di proprietà di chi lo estrae. Queste le ragioni del “SI'": secondo i calcoli di Legambiente, elaborati su dati del Ministero dello Sviluppo economico, le piattaforme soggette al referendum producono meno dell’1% del fabbisogno nazionale di petrolio e il 3% di quello di gas. Se le riserve marine di petrolio venissero usate per coprire l’intero fabbisogno nazionale, durerebbero meno di due mesi. Queste, invece, le ragioni del "NO": secondo i calcoli del "Comitato Ottimisti" e quelli nazionali, la produzione italiana di gas e di petrolio in terra e in mare copre rispettivamente l’11,8% e il 10,3% del nostro fabbisogno. Le società petrolifere, inoltre, non sono tenute a ripristinare lo stato dei luoghi tenendo artificiosamente in piedi il contratto di estrazione. Viviamo in un Paese democratico in cui è il popolo ad essere sovrano: sicuramente uno dei modi per essere partecipi è informare ed essere informati.
Classe III A LSU, G. T. Giordani, Monte Sant’Angelo