Secondo l’indagine dell’ Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) soltanto il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi, fra gli undicenni, dichiara di andare volentieri a scuola.
Questi dati hanno delle percentuali sempre più basse man mano che la crescita del soggetto aumenta e con essa la difficoltà di affrontare il percorso scolastico scelto. I dati affermano anche che gli studenti italiani sono tra quelli che vivono la scuola come una fatica obbligatoria e, perciò, sono preda dello stress e dell’ansia che ad alti livelli causano mal di testa, dolori addominali, mal di schiena e sbalzi d’umore; ovviamente questi malesseri sono dovuti alle pressioni scolastiche, quali: i compiti, le interrogazioni. Esse aumentano in maniera esponenziale alle vigilia di una prova importante e, spesso, rendono vane le ore di studio. Questo stress, poi, si ripercuote anche nei rapporti extrascolastici e, quindi, sulla famiglia e tra gli amici, portando il ragazzo a trovare difficoltà nei dialoghi e nei confronti e, di conseguenza, egli preferisce la solitudine “umana” e le amicizie virtuali, che possono chiudersi con un “click”, senza nessuna spiegazione. Le ragazze sono più soggette, rispetto ai ragazzi, a questo sovraccarico di stimoli, questo perché esse entrano facilmente in competizione nel luogo che, si sa, è da sempre uno dei più competitivi e che di conseguenza perde la sua funzione positiva, cioè di essere un luogo di crescita, di condivisione e di interazione e diventa un luogo da cui scappare. Questa sensazione di peso aumenta notevolmente nei ragazzi liceali, a causa delle pressioni percepite tra le mura scolastiche e familiari e dai rapporti con i docenti, non sempre facili in quanto spesso l’alunno non è visto come una persona dalle svariate sfaccettature, ma come un essere robotico che deve dare sempre gli stessi risultati, senza cedimenti per non abbassare il suo rendimento. Per combattere ansia e stress, secondo alcuni psicologi, basterebbe che, in Italia, il ministro dell’istruzione rielaborasse i programmi di studi, i quali devono essere meno selettivi, meno competitivi e soprattutto adeguati ad un modello di studente più comune, seguendo l’esempio degli altri Paesi europei dove i ragazzi percepiscono la scuola come un’ utile strada per avere un futuro degno delle loro ispirazioni.
Federica Cassese, II A/ L Liceo Classico, Linguistico e delle Scienze Umane - Trani