Progettare è guardare al futuro con idee vincenti; la scuola che partorisce progetti non è buona, ma ottima.
L'educazione alla legalità al Liceo de Sanctis di Trani non è stata solamente demandata alle parole di qualche acuto docente, ma si è concretizzata in un progetto con un obiettivo preciso: rendere noi ragazzi consapevoli del valore sociale del riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità. Gli incontri con magistrati, forze dell'ordine e rappresentanti di associazioni operanti nel campo della lotta alle mafie hanno rappresentato per molti di noi un brusco risveglio: la mafia è un cancro dai fatturati stellari e le mani sporche di sangue, è ora di mettersi in gioco "schierati dalla parte giusta". All'interno del concorso "Dalla criminalità alla legalità" attraverso la scrittura, l'arte, la musica e le tecnologie, noi studenti abbiamo gettato luce sul lavoro di tanti uomini impegnati nel restituire alla collettività edifici e terreni un tempo appartenuti alla criminalità locale. La scelta di lasciare ciascuno libero di esprimersi attraverso il canale comunicativo che preferisce ha sintonizzato la scuola sulla frequenza giusta, infatti senza troppe costrizioni la formazione diventa incredibilmente interessante. Io ho deciso di scrivere un racconto perché ritengo sia un esercizio di libertà: si è liberi fin da quando si sceglie quali parole lasciare sulla carta e quali no. Ecco, gli uomini e le donne che nel corso degli incontri a scuola hanno offerto le loro testimonianze ci hanno ricordato come la libertà di ciascuno non sia negoziabile; questo lo si afferma attraverso le scelte di ogni giorno. Volevo allora che il mio racconto comunicasse in una sola storia i mille volti di coloro che combattono per la libertà quotidianamente e ben lontani dai riflettori. "Il giardino del bene" è nato così, come una storia semplice ispirata alle realtà di tanti beni confiscati di cui la collettività si è riappropriata. Italia, la protagonista del racconto, è un'anziana donna che assieme ad altri agricoltori in pensione gestisce il terreno ospitando ragazzi di ogni età pronti ad imparare il mestiere. Italia non è solo un nome, ma il volto di un Paese alla conquista del suo riscatto libero da tutte le mafie. Non di certo secondarie sono nel racconto le figure di due ragazzi ai quali la donna fa dono della sua vita onesta e del suo quotidiano sacrificio: fanno infatti esperienza concreta di una cultura della legalità che ognuno ha il dovere di portare avanti con l'esempio della propria vita. Cultura è la parola da cui tutto è partito: deriva dal latino "colere" che significa coltivare, mi piaceva quindi l'idea che l'ipotetico riutilizzo di un bene prevedesse concretamente la coltivazione a cui si lavora con pazienza e dedizione. Grazie a questa storia ho ricevuto nell'ambito del concorso scolastico il primo premio della sezione letteraria, ma soprattutto la soddisfazione di aver comunicato in modo semplice la necessità di "coltivare" la legalità giorno per giorno.
Giulia Cozzoli, IV A C
Liceo Classico Linguistico Scienze Umane “F. De Sanctis” - Trani