Il 9 novembre le elezioni presidenziali si sono concluse con la vittoria di Donald Trump, sorprendendo sondaggisti e mercati finanziari che avevano puntato tutto su Hillary Clinton.
I loro calcoli non erano del tutto errati, infatti la maggior parte dei cittadini ha votato per Hillary. Ma aggiudicarsi la maggioranza dei voti popolari non assicura quella dei grandi elettori, ripartiti, secondo il sistema elettorale, in base alla popolazione dei singoli Stati federali. È ciò che accadde ad un altro democratico nel 2000, Al Gore, il cui rivale Bush ebbe meno voti popolari eppure ottenne la maggioranza dei grandi elettori. Le conseguenze immediate del voto sono state di vario tipo:dal crollo delle borse al tilt del sito ufficiale dell’Immigration Service canadese per lo straordinario numero di richieste. Migliaia di persone manifestano contro il futuro presidente, mentre il Ku Klux Klan ne festeggia la vittoria. Donald Trump, laureato in Scienze Economiche e Finanziarie, ha fatto carriera nella società immobiliare paterna ed è divenuto un personaggio celebre, anche grazie alprogramma televisivo “The Apprentice”, da lui stesso prodotto e condotto fra il 2004 e il 2015. Cominciò a proporsi come figura politica quando si candidò per le elezioni presidenziali nel 2000 aderendo prima al Partito Democratico e poi a quello Repubblicano. Ma chi ha votato per un uomo così ricco (è alla 405ª posizione nellalista Forbes delle persone più ricche del mondo, con un patrimonio stimato in 4,1 miliardi di dollari), chiacchierato e con scarsa preparazione politica? Molti dicono che dietro la sua vittoria c’è il grande disagio sociale della classe media, di operai impoveriti dalla globalizzazione e di settori produttivi desertificati dalle delocalizzazioni. È un voto che esprime la rabbia sociale dell’uomo bianco in rivolta contro il sistema politico. L’Europa è preoccupata, le paure sono tante e il futuro appare un’incognita, le misure protezionistiche spaventano i mercati per gli effetti sull’economia e sulle relazioni internazionali; la rinuncia alle politiche ambientali e il ritorno alle energie fossili preoccupano ricercatori e scienziati. Tuttavia, bisogna ricordare che spesso le promesse elettorali hanno lo scopo di catturare elettori e che una volta al governo del Paese si deve fare i conti con la realtà. Inoltre è vero che gli USA sono una Repubblica Presidenziale, in cui i poteri legislativo ed esecutivo fanno capo al Presidente, ma spetterà al Congresso, nonostante sia al momento a maggioranza repubblicana, limitare le azioni del Presidente qualora fosse necessario. Resta il rimpianto di un’America che avrebbe potuto avere per la prima volta una donna, Hillary Clinton, come presidente.
Paola D'Amico, 5^A LES Istituto "Maria Immacolata"