Nel ’46 l’Assemblea costituente affida ad una commissione il progetto di scrivere la Costituzione: essa si divide in tre sottocommissioni, che si concentrano rispettivamente sui diritti e i doveri dei cittadini, l’organizzazione del nuovo Stato e sui rapporti e le politiche economico-sociali. Dopo essere stato terminato, il Testo viene semplificato dal noto linguista Pietro Pancrazi, il quale lo rende comprensibile a tutti. Ma dal ’99 inizia il processo di quelle modifiche della Costituzione, in particolare del titolo V della 2° parte, dedicata alle competenze degli enti locali, che secondo il giornalista, la rendono incomprensibile.
La Schiforma costituzionale, così come Travaglio chiama la Costituzione renziana, a suo avviso, è molto più complessa rispetto a quella dei nostri Padri.
A questo proposito, il direttore de Il Fatto Quotidiano, mostra la differenza tra i due Testi, riassumibile brevemente in questa tabella.
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Costituzione del 1948 |
Costituzione di Renzi |
Art.70 |
9 parole |
439 parole |
Art.71 |
44 lemmi |
171 lemmi |
Art.72 |
190 parole |
431 parole |
Questi sono solo alcuni degli aspetti che Travaglio sottolinea. L’autore si sofferma principalmente su alcuni punti, come l’abolizione del Senato, il ping pong tra le due Camere, la nuova legge elettorale e i “voltagabbana”. Il giornalista fa una breve introduzione storica dell’istituzione del Senato e mostra le differenze con quella proposta da Renzi, Boschi e Verdini.
L’Assemblea costituente del ’46 ritenne lecito istituire il Senato in elezione diretta dei cittadini: il Senato ha, dunque, funzioni legislative, collaborando con la Camera per promulgare le leggi, di indirizzo politico, impegnandosi nel dare o non dare la fiducia al governo, e di controllo politico, ispezionando con interrogazioni ed interpellanze le attività del governo. Nella schiforma, il Senato della Repubblica viene ridimensionato completamente, passando da 315 a 100 componenti.
Nell’ottica della revisione delle spese, tale riduzionepuò risultare un dato apparentemente positivo, dal momento che sono anni che si discute circa i costi della politica. Tuttavia, a ben vedere si scopre che il Senato sarà composto da 74 consiglieri regionali e 26 sindaci. Con ciò si intende che , sebbene non siano pagati per svolgere i loro compiti al Senato, dovranno contemporaneamente occuparsi degli incarichi di sindaco/consigliere regionale e di senatore. Per far questo, inoltre, dovrebbero soggiornare metà della settimana a Roma a spese dei cittadini. Travaglio , infatti, biasima questa scelta soprattutto per i relativi rimborsi.
In altre parole, se un sindaco/consigliere regionale dovesse diventare anche un senatore, dovrebbe muoversi con treni, aerei o qualsivoglia mezzo di trasporto, dovrebbe usufruire di auto blu , di segretari, di portaborse e quant’altro senza spendere i propri soldi, ma usufruendo dei rimborsi, cioè quei fondi della cassa dello Stato, con cui ogni senatore e deputato può finanziare le proprie attività politiche.
Al di là di questo, il Pd governa moltissime città italiane. I Cinque Stelle, durante il #trenotour a Bari, del 18 novembre scorso, mostrano che se la riforma passasse, al Senato si verrebbe a creare una situazione del genere.
Ma se questa Camera viene ridotta, la modalità di approvazione delle leggi viene accelerata? Il giornalista risponde di no. A suo avviso il processo si complica.
Egli sostiene che ci sarebbe la possibilità che si utilizzino una decina di diversi procedimenti (bicamerale paritario, monocamerale, monocamerale rinforzato, legge di bilancio, ragioni di urgenza, procedimento a data certa, procedimento di decreti legge, proposta di legge di iniziativa popolare, elezione dei membri del Parlamento), causando un caos istituzionale che non gioverebbe alla tanto conclamata snellezza.
Ergo, il ping pong Camera-Senato non cessa di esistere. Se oggi una legge può essere approvata con un solo passaggio alla Camera e uno al Senato, in futuro sarà obbligatorio un triplo passaggio Camera-Senato-Camera.
Con il nuovo iter legislativo , il disegno di legge può essere modificato dal Senato nei primi 10 giorni, ma solo se 1/3 dei senatori lo richiede.
Le modificazioni del ddl possono essere ignorate dalla Camera o modificate nuovamente. Ma ciò non si può fare per una lunga serie di materie, a meno che non sia la maggioranza assoluta a volerlo cambiare/ignorare nei primi 10 giorni.
Altra questione è quella dell’immunità dei senatori. Questi ultimi potrebbero non solo commettere atti illeciti senza essere arrestati e perquisiti, ma c’è anche l’eventuale possibilità che un sindaco o consigliere regionale indagato, come l’attuale presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, possa essere eletto come senatore, evitando ogni ripercussione giudiziaria.
Naturalmente esiste, per Travaglio, un nesso tra referendum e legge elettorale.
L’Italicum è l’attuale legge elettorale italiana, approvata nel 2015 ed in vigore definitivamente da luglio del 2016. È un proporzionale ipermaggioritario che assegna la maggioranza dei seggi della Camera al partito che ha superato il 40% dei voti. Cioè, se alle elezioni più del 40% del popolo italiano vota un determinato partito, questo è legittimato a occupare 340 seggi su 630. Ma se il suddetto partito non riuscisse a raggiungere la soglia del 40%, ci sarebbe un secondo ballottaggio in cui si sfidano i due partiti con più voti. Il primo più votato avrebbe 340 seggi, mentre il secondo solo 121 (poco più di un terzo). Quindi una minoranza della popolazione (40%) può far sì che un partito abbia la maggioranza , cioè il 56% dei seggi in Camera. Molti sostengono che questa scelta ipermaggioritaria sia necessaria per dare più stabilità alla Camera. Ma Travaglio, nel capitolo Le bugie del Sì, sostiene che << siccome il quorum minimo di maggioranza alla Camera è di 316 voti (il 50% + 1), è sufficiente che 25 deputati su 340 si stacchino dal partito di maggioranza, per mandare a casa il governo>> .
Inoltre, questa legge elettorale, rispetto ad un proporzionale, non permette di votare per il capolista, ma solo per il partito. Innanzitutto, quindi, i partiti non avranno più bisogno di figure carismatiche per ottenere la fiducia dagli elettori, ma potranno eleggere capilista-servi di partito, senza che alcun cittadino li abbia indicati. Inoltre, eliminando la possibilità di formare coalizioni, si viene a creare un partito unico che il giornalista paragona al Listone di Benito Mussolini nel 1924.
Ma la possibilità che un governo cada e che un partito perda la maggioranza è davvero probabile ed immediata a causa dei numerosi e, ahinoi, frequenti “voltagabbana”. Nell’attuale XVII legislatura, il 26% dei parlamentari ha cambiato posto in aula tra Senato e Camera. Secondo i dati dell’Openpolis , assistiamo a 10 passaggi in un mese, uno ogni tre giorni. Con l’Italicum è sufficiente che 25 deputati passino dalla maggioranza ad uno dei partiti di minoranza per mandare la macchina statale in tilt e per far cadere uno o l’altro governo al potere. L’autore sottolinea che se questa legge elettorale fosse in vigore già dal 2013, avendo perso almeno 50 dei suoi membri fino ad oggi, Renzi o si sarebbe dimesso o avrebbe rifatto piccole e larghe intese col centrodestra, raccattando “voltagabbana” qua e là.
Nella parte conclusiva, Travaglio definisce sinteticamente le motivazioni per il No: per presentare alla Camera una legge di iniziativa popolare non bastano più 50.000 firme, ma ne servono il triplo, 150.000; i costi della politica saranno diminuiti esiguamente, in un anno si risparmieranno 57 milioni di euro, l’equivalente di un caffè al giorno per ogni cittadino.
Per abbassare i costi non serve stravolgere la Costituzione, è sufficiente diminuire lo stipendio di ogni parlamentare del 10% per risparmiare la stessa cifra; <<Stando agli ultimi sondaggi del maggio 2016, solo il 4% degli italiani ritiene “una priorità” la riforma della Carta >>.
Il tentativo di riformare la Costituzione, nonostante nel 2006 con il referendum promosso da Berlusconi il 60% del popolo avesse respinto questa proposta, è <<l’ennesimo tradimento della volontà popolare>>.
Dunque, Travaglio, dopo aver analizzato la Costituzione di Renzi, Boschi e Verdini e ribadito il perché del No, conclude il saggio con <<quasi, quasi…>> , sottolineando satiricamente che un’altra motivazione per opporsi alla Riforma è il fatto che Renzi e Boschi hanno promesso di dimettersi dopo un’eventuale sconfitta!
Emanuele Servedio VAu, Liceo Bianchi Dottula, Bari