Viviamo in una società in cui neologismi e termini provenienti da altre culture, soprattutto sotto l'effetto della globalizzazione, sono all'ordine del giorno, rientrando in un vocabolario quasi quotidiano che in qualche maniera ci coinvolge e confonde. Parole strane, nuove, di cui non siamo padroni, spesso tecnicismi che assurdamente diventano d'uso comune, senza in realtà aver ben capito cosa vogliano dire. Post-verità credo sia una di queste, un lessema come definito dall'Accademia della Crusca che al giorno d'oggi ci sembra sempre più familiare, più sentito. Un termine generico, di origine anglosassone la cui prima attestazione è da ricercarsi alla fine degli anni Novanta del secolo scorso che identifica l'accettazione di idee e concetti tramite i sentimenti e le emozioni senza alcuna analisi effettiva che verifichi la veridicità dei fatti.
La definizione del neonato termine è dunque chiara, di come un concetto quale quello della post-verità si collochi in un'era caratterizzata dall'influenza mediatica, dalle informazioni distorte o meno di cui siamo bombardati ogni giorno e da come spesso il cittadino medio, confuso e distratto sia portato a farne uso, magari inconsapevolmente. Se da un lato infatti ci troviamo a vivere in una società di esperti, superdotati osservatori, attenti ad un mondo complesso in continua evoluzione o forse involuzione, dall'altro ci si trova ad affrontare la natura sentimentalista dell'uomo, che spesso davanti alle complicazioni della vita preferisce un'analisi morale e sentimentale più che oggettiva. Che l'uso e l'abuso del termine post-verità sia coinciso con due degli eventi più significativi della storia contemporanea non c'è da meravigliarsi, la Brexit da una parte e l'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump dall'altra; due avvenimenti che in maniera non del tutto diversa hanno sconvolto non solo l'equilibrio precario dell'Europa ma del mondo intero. E' stato attestato infatti che a seguito di questi due eventi, l'utilizzo del termine sia lievitato sensibilmente, diventando non solo il più utilizzato nel 2016, oltre che la parola dell'anno secondo l'Oxford Dictionaries, dalla cui madrepatria il nascente post-truth è stato tradotto e contestualizzato in post-verità ma anche e soprattutto l'impatto che questo ha avuto sulle masse, specialmente dei social media che l'avrebbero acquisito come strumento d'interpretazione di fenomeni spesso non facilmente comprensibili, sfruttandolo e forse abusandone creando nuovi stereotipi di falsa conoscenza che non sempre portano beneficio alla società.
Dunque con l'avvento della post-verità si apre l’era degli eufemismi che abbelliscono i fatti, ma spesso falsificano la realtà.
Beatrice Parente IV A, Liceo De Sanctis - Trani.