Il termine “eutanasia” deriva da due sostantivi greci: eu, che significa “bene”, e thanatos, che significa “morte”, quindi “morte buona”. Nell’ultimo periodo è uno degli argomenti più discussi e non è facile trovare una soluzione a questo problema che implica una serie di riflessioni etiche e religiose e sul quale sono divampate polemiche anche accese che vedono confrontarsi scienziati, esperti di morale, giuristi e uomini di Chiesa.
Ma che cos’è l’eutanasia? E perché se ne parla così tanto?
L'eutanasia è una tecnica con la quale un individuo, le cui condizioni di vita sono gravemente compromesse, può decidere di porre intenzionalmente fine alla propria vita.
E’ una materia molto dolorosa sia da discutere che da applicare e questa realtà è dimostrata proprio dal diverso atteggiamento legislativo tenuto nei confronti di questa pratica nei vari Paesi civili.
Per esempio, in Italia questa tecnica è considerata a tutti gli effetti illegale, perciò molte persone scelgono di andare all’estero e in particolar modo in Svizzera per praticarla.
E’ il caso del dj Fabo, un uomo che, in seguito ad un incidente stradale avvenuto nel 2014, è stato costretto a rimanere imprigionato nel proprio corpo fino al 27 febbraio 2017, data in cui ha deciso di porre fine alla propria vita in un paese straniero, nonostante gli innumerevoli appelli rivolti al Presidente della Repubblica Italiana, tesi a rendere legale l’eutanasia.
In Italia non esiste una legge sull’eutanasia ma è stata finalmente varata una disposizione di legge che consente al moribondo di non essere sottoposto a terapie straordinarie che allontanino artificialmente il momento della morte.
Tutto questo lascia numerosi spunti di riflessione. Aiutare una persona a morire contraddice uno degli obiettivi fondamentali della società: difendere la vita di ogni cittadino. Nello stesso tempo non si può impedire ad un medico di aiutare una persona disperata a compiere un gesto estremo che non avrebbe mai il coraggio di fare da solo. Sono due opinioni che possono essere considerate entrambe giuste: spetta a chi di dovere, cioè ai medici che si trovano di fronte ad un paziente gravemente sofferente allo stadio terminale, far prevalere una delle due.
Riccardo Zagaria 1 AL Liceo Economico Sociale "Ettore Carfa" Andria