I social network hanno una grande importanza nella vita dei giovani e spesso rivelano di loro più di quanto essi vogliano ammettere. È proprio per questo che il nuovo algoritmo, chiamato “machine learning”, messo a punto dal team di Colin Wash al Vanderbilt University Medical Center di Nashville, è in grado di analizzare minuziosamente le informazioni carpite dai social e dai numerosi database di cliniche ed ospedali al fine di individuare soggetti a rischio di suicidio. L’intelligenza artificiale ha analizzato i profili di 5167 soggetti a rischio di autolesionismo presenti nel database del Vanderbilt University Medical Center controllando tutte le loro conversazioni social e incrociandole con le informazioni attinte dalle loro cartelle mediche con l’obbiettivo di ottenere dati per poter valutare l’attendibilità della macchina. Il risultato ottenuto è stato sbalorditivo: l’algoritmo ha identificato 3250 soggetti ad alto rischio di suicidio, con un grado di precisione tra l’80% e il 90% nell’arco di due anni. Un forte contribuito è stato dato anche da Mark Zuckerberg, il quale ha messo a disposizione di questo monitoraggio Facebook, facendo sì che si potessero controllare conversazioni online, post pubblicati, pagine seguite… Nel caso di Facebook l’intelligenza artificiale è in grado di analizzare miliardi di post alla ricerca di frasi come “stai bene?”, “sono preoccupato per te” o anche messaggi che esprimono sofferenza, tristezza e dolore. I dati estratti dall’algoritmo vengono esaminati e selezionati da un team di specialisti in grado di offrire aiuto ai soggetti a rischio tramite chat, appositamente create.
La società civile ha sviluppato due reazioni a questo progetto: alcuni hanno rinvenuto un maggiore grado di sicurezza per questa vigilanza occulta; ma altri hanno espresso un timore per la libertà, la privacy violata, seppur con un nobile scopo.
Marinella Milia, IV AU, Liceo Bianchi Dottula - Bari