Il drammatico assottigliamento dello strato di ozono nella zona che corrisponde all’Antartide rappresenta un reale problema che riguarda ogni essere vivente presente sul nostro pianeta.
Sembra che le prime scoperte in merito a questo fenomeno risalgano agli anni ’70, quando un gruppo di ricercatori della British Antarctic Survey (BAC) monitorò l’atmosfera intorno all’Antartico.
Quando elaborarono gli strumenti necessari per calcolare la perdita di ozono nella stratosfera, gli scienziati pensarono ci fossero stati dei guasti negli apparecchi utilizzati, poiché il risultato degli studi, alquanto drammatico, aveva di gran lunga superato le loro aspettative. Gli scienziati dunque ripararono gli strumenti per verificare che non ci fossero stati errori di calcolo e alcuni mesi dopo le misure verificate furono confermate.
Ma perché lo strato di ozono è così importante? L’ozono è presente nella stratosfera, ossia uno dei cinque strati di cui è composta l’atmosfera terrestre, essa assorbe i raggi ultravioletti emanati dal Sole e, grazie allo strato di ozono, ne trattiene la maggior parte. Senza l’ozono i raggi ultravioletti arriverebbero direttamente sulla terra causando conseguenze devastanti.
La causa principale di questo fenomeno è l’emissione dei CFC (clorofluorocarburi),composti chimici in genere presenti in bombolette spray, condizionamento e refrigerazione casalinga, solventi, schiume e altro.
Sembrava che nulla potesse impedire al buco nell'ozono di richiudersi, dal momento che in passato è riuscito a raggiungere un’estensione di circa 30 milioni di chilometri quadrati. Gli studi successivi hanno però dimostrato che quello del buco dell’ozono non è un fenomeno irreversibile.
Stando alle ultime notizie rese note dalla NASA, il 2017 è stato un anno altamente positivo per questo fenomeno, dal momento che si è ristretto ai minimi dal 1988, e questo è dovuto a due cause: da una parte all’aumento delle temperature e alla conseguente presenza di venti caldi, i quali, soffiando sull’Antartide contribuiscono a respingere le sostanze nocive che contribuiscono all’assottigliamento dello strato di ozono; e dall’altra all’impatto positivo dell’arresto di emissioni di gas serra, volto a limitare l’uso dei CFC, diminuite del 17% rispetto al 2016. Secondo la NASA, dunque, il buco dell’ozono ha raggiunto l’estensione minima ciclica annuale lo scorso 11 settembre ,pari a quella registrata nel 1988. Auspichiamo che politiche più adeguate, consapevolezza e collaborazione globale portino non solo a confermare tali risultati,ma a farne rientrare definitivamente il pericolo.
Ilenia Virgilio V AL Liceo Economico Sociale "Ettore Carafa" Andria