La locuzione Genius Loci indica l’entità soprannaturale, il nume che protegge gli insediamenti umani. Tale espressione, nota nel mondo romano, ha attraversato i secoli ed è ritornata prepotentemente, qualche decennio fa, nell’opera dello storico e teorico dell’architettura Christian Norberg–Schutz. «Un luogo è uno spazio dotato di carattere distintivo» affermava lo studioso, ricordando come, sin dall’antichità, lo spirito del luogo fosse considerato «quella realtà concreta che l’uomo affronta nella vita quotidiana» , e concludendo che «fare dell’architettura, significa visualizzare il Genius Loci: il compito dell’architetto è quello di creare luoghi significativi per aiutare l’uomo ad abitare». Successivamente, l’antropologo Vito Teti ha affermato che «le nostre sensazioni, le nostre percezioni, la nostra memoria, la nostra vita non possono che essere raccontate e rappresentate rispetto ad un luogo. Noi siamo il nostro luogo, i nostri luoghi: tutti i luoghi, reali o immaginari, che abbiamo vissuto, accettato, scartato, combinato, rimosso, inventato. Noi siamo anche il rapporto che abbiamo saputo e voluto stabilire con i luoghi». Essi sono «storie di legami, di partenze, di fuga, che hanno concorso alla definizione di una nuova identità».
Questa mostra ha voluto accertare se questa identità profonda abbia lasciato tracce più visibili negli artisti, individui particolarmente sensibili a percepire gli stimoli più segreti dell’ambiente che li circonda, capaci di vedere l’invisibile che sta dentro il visibile, di entrare in intimo contatto con l’essenza della terra in cui siamo nati, in cui hanno agito o agiscono. Attraverso le opere esposte, il curatore della mostra ha puntato a verificare se e quanto il Genius Loci sia presente e abbia una valenza per gli artisti contemporanei.
Non a caso, la Puglia è una delle poche regioni ricca di miti mediterranei e dei tanti sedimenti culturali delle civiltà che vi si sono succedute, dalla preistoria all’età classica, greca e romana, dalla civiltà islamica alla bizantina, normanna e sveva. Queste civiltà hanno lasciato un segno nella scultura pugliese del primo Novecento. La Puglia è intrisa di sacralità: le steli, i dolmen, i menhir, le chiese, i monasteri, i santuari, disseminati nel suo territorio, lo dimostrano ampiamente. Anche la storia della religione si intreccia con i culti: infatti, intorno alla metà dell’ XI secolo, un gruppo di Normanni scese fino al Gargano, per visitare la grotta in cui si venerava san Michele Arcangelo. Nel Medioevo, sono state rubate e portate le spoglie di san Nicola a Bari, vero e proprio simbolo della città. Armando Perotti affermava: «San Nicola non è un protettore come tutti gli altri, è veramente il difensore, l’assertore del sentimento cittadino; chi trova una semplice forma di superstizione o di fanatismo è un ignorante, che non conosce l’anima storica del suo paese».
Daniela Deceglie, Alessia Lopez
3°Au, Bianchi Dottula