"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la sua causa di questa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro’’. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!"
Così scrive nel 1783 il filosofo tedesco Immanuel Kant nel suo testo denominato “Che cos’e l’illuminismo”. A oltre due secoli di distanza, queste parole suonano ancora straordinariamente attuali. Con questo manifesto il filosofo dichiara che ogni individuo deve trovare il coraggio di fare uso del proprio intelletto senza la necessità di doversi appoggiare alla guida di qualcuno.
Kant pone al centro del proprio modo di vivere, di essere e di pensare, la ragione. Mediante il suo utilizzo, infatti, è possibile perseguire sia la felicità del singolo individuo, che quella della comunità. Per Kant, l'essere umano versa in una situazione di "minorità", nella quale nasce ma dalla quale ha il dovere morale di uscire per evolversi. Tuttavia, è qui che si nasconde l'insidia peggiore: non è detto che l'uomo voglia uscire da questo stato di minorità, ma, al contrario, sia determinato a restarci. Questo implicherebbe che il soggetto, pur avendo rinunciato alla propria libertà, viva felice e contento nel suo mondo costellato da decisioni prese da qualcun altro. Spesso, infatti, tanta parte degli esseri umani, malgrado abbia raggiunto un’età adulta, rimane volentieri ancora minorenne, mentalmente però. Questo secondo Kant è dovuto alla pigrizia intellettuale e alla viltà. È così conveniente appoggiarsi sempre a qualcuno, è così comodo avere sempre tutto pronto senza impegnarsi a ragionare afferma il filosofo con grande ironia, senza doversi preoccupare di sbagliare. Certo, quando non si decide qualcosa autonomamente, quando ci si basa sul pensiero altrui, non si ha neanche paura di sbagliare. Se sarà sbagliato, allora sarà colpa di chi ha preso la decisione. Kant rivolge questo suo discorso a tutta l’umanità. Questo testo è stato scritto nel 1783. E ora in che anno siamo? L’inizio del 2020 e il problema è ancora attuale. La maggior parte delle persone non vogliono più pensare, ragionare e riflettere. Pensiamo al fenomeno più attuale e ben riconosciuto, il conformismo dei giovani di oggi. Pian piano svanisce l’intelligenza, il dono più prezioso che un individuo possa avere. La nostra società rischia grosso, i giovani non sono più in grado di ragionare liberamente, hanno perso lo spirito critico di una volta. Perché dovremmo pensare, quando c’è qualcun altro, c’è qualcos’altro a pensare al posto nostro? Ora ci sono i social che ci comunicano tutte le informazioni bell’e pronte, ma noi ci interroghiamo mai se queste informazioni siano attendibili? Perché dovremmo perdere il nostro prezioso tempo? Perché dovremmo interessarci? Metterci qualcosa di nostro? Beh, la risposta è facile, perché stiamo precipitando sempre di più verso un grosso spaventoso buco nero di ignoranza. Abbiate il coraggio di esprimere le vostre opinioni, ma prima di parlare, bisogna pensare, ragionare bene e lavorare su se stessi per uscire, come avrebbe detto Kant, da questo stato di minorità. Dunque: “Sapere aude!”
Salome Gelashvili 4Ce Liceo Bianchi Dottula - Bari
Sapere aude!
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