Una vera e propria forma di distorsione del classicismo, di cui lo stesso Tacito e la sua Germania, un libello etnografico, furono protagonisti sotto al nazismo; Hitler infatti, bisognoso di elementi a supporto della sua fallace teoria sulla razza, attinse a piene mani da tale opera, ben nota e circolante da secoli, forzandone il contenuto.
I capitoli “incriminati” sono due: il secondo e il quarto: nel secondo libro l’autore tratta dell’autoctonia dei Germani che, in seguito alla mancanza di contatti con altri popoli, sono rimasti una razza pura e fedele a se stessa, nel quarto vengono riportate le dirette conseguenze di tale isolamento: un aspetto fisico predominante, caratterizzato da capelli biondi, occhi azzurri e fisici robusti, e un’indole aggressiva comune.
L’innocente opuscolo tacitiano è stato una maledizione per il popolo tedesco: è facile leggere nelle sue righe una sorta di “profetizzazione” di quella che, nell’ideologia del Reich, sarebbe stata la razza ariana, la razza eletta, destinata a prevalere su tutte le altre, tuttavia si è trattato di un’astuta mossa politica, un travisamento tanto sottile quanto impercettibile per molti. Innanzitutto è bene precisare che, riguardo l'autoctonia di questo popolo, tale dato è effettivamente presente nell’opera tacitiana, ma ha una valenza negativa: la tanto decantata purezza è il frutto di un territorio ostile e inospitale, dovuta ad un isolamento obbligato più che ricercato. Il regime, però, non si è limitato a riprendere il testo traendo da esso spunti propagandistici, ma è andato persino oltre, modificandone il contenuto: un teorico della razza H.S. Chamberlain, di origine inglese, galvanizzato dall’ideologia tedesca, sostituì, all'interno del periodo “Unde habitus quoque corporum, tamquam in tanto hominum numero, idem omnibus” (“Pertanto anche l’aspetto fisico, per quanto è possibile in un così grande numero di uomini, è il medesimo in tutti”) la parola tamquam (per quanto) con “quamquam” (benché), un cambiamento sostanziale del significato originario che va ad aumentare l’uniformità fisica dei Germani nonostante un territorio tanto limitato e dunque la loro presunta alterità.
Il professor Luciano Canfora, esperto di ideologie del passato, ha sottolineato come più volte l’opera sia stata ripresa nel corso del tempo: addirittura già dal Cinquecento, ma anche nel “Discorso alla nazione tedesca” di Fichte, nel quale il filosofo esorta la popolazione a combattere l’avanzata napoleonica utilizzando immagini e argomenti chiaramente ripresi dall’opuscolo tacitiano, e persino in molte istanze ideologiche del Pangermanesimo, quel movimento politico ed ideologico che mirava nel 1800 ad unificare la Germania e che sarà poi inglobato, nel 1939, dal movimento nazista.
In realtà, continua il latinista, alla mentalità romana era assolutamente estraneo il mito della razza: le stesse origini, troiane di Roma non vanno certo nella direzione dell’autoctonia e la politica stessa dell’Urbe era improntata all’accoglienza e all’assimilazione dei costumi altrui.
Quello della natività e della purezza della stirpe altro non è che un cliché, un topos letterario diffuso nel mondo antico, già presente presso antichi ateniesi che ne traevano motivo di vanto, e poi approdato anche in un mondo multietnico quale quello romano.
In conclusione, il caso della Germania mostra in maniera chiara fin dove ci si può spingere per supportare le proprie tesi: addirittura rendere un autore classico, lontanissimo dai tempi moderni, un filonazista ante litteram.
Ivan Centola V AU , Liceo Bianchi Dottula - Bari
Ideologie e classicismo
- Dettagli
- Inserito da Laura Triggiani
- Visite: 742