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La guerra di Piero è una canzone di Fabrizio De Andrè, composta nel 1966, con l’arrangiamento musicale di Vittorio Centanaro.  Il testo, una vera e propria poesia, è un inno contro il male della guerra. L'ispirazione giunse a De Andrè ritrovando il diario dello zio materno Francesco, il quale più di vent’anni prima aveva partecipato alla Campagna d’Albania, e leggendo altre poesie dell’epoca, pervase da un sentimento anti bellico. La canzone racconta la storia di un soldato semplice, per l’appunto Piero, il quale parte per la guerra, lasciando a casa tutta la sua vita. Piero si ritrova a marciare insieme  ai suoi compagni per mesi, ma i suoi pensieri non sono rivolti, come ci si aspetterebbe da un soldato, alla volontà di uccidere il nemico e salvare la patria: egli vorrebbe che la guerra terminasse, è stanco di vedere “i cadaveri dei soldati portati in braccio dalla corrente”, e sogna la pace. Piero però non può farci niente, e continua a marciare, fino all’arrivo della primavera. In quel momento, forse anche sovrappensiero, si ritrova a superare la frontiera. All'improvviso, scorge di fronte a sé un altro soldato, anch’esso cupo e pensieroso, ma che ha “la divisa di un altro colore”. Nonostante sia un nemico, però, il narratore ci fa capire che, come Piero, anche lui vorrebbe che la guerra finisse, che anche lui è stanco di vedere la gente morire. Il nostro protagonista però è spaventato: si rende conto che dovrebbe ucciderlo, per aver salva la vita. Ma i suoi pensieri prendono il sopravvento: ucciderlo sarebbe una cosa rapida per l'altro, ma a Piero resterebbe tanto tempo, invece, per “vedere gli occhi di un uomo che muore”. Ed è questo pensiero che frena Piero dal premere il grilletto; ma questo suo ripensamento gli costerà la vita, perché l’altro soldato, preso dalla paura di morire, non tarda a sparare il colpo fatale. Siamo nella parte terminale della canzone, in cui l’autore descrive gli ultimi istanti della vita del soldato: Piero dedica i suoi ultimi pensieri a Ninetta, la sua donna amata, e inizia un dialogo immaginario con lei: le dice che morire ed andare all’Inferno (perché a chi uccide vite umane non è destinato il Paradiso) avrebbe preferito andarci in inverno, e non in un bel giorno di Primavera. Perciò Piero, stringendo “parole troppo gelate per sciogliersi al sole” esala il suo ultimo respiro. Così si conclude la breve storia di Piero il quale, come vien detto sia all’inizio che alla fine della canzone, dorme “sepolto in un campo di grano”. De Andrè con questa canzone riesce a segnare profondamente l’animo di chi l’ascolta, perché è stato capace di rendere umana la disumanità della guerra. Come? Grazie ad espressioni dirette rivolte all’ascoltatore: di Piero,i cui pensieri sono espressi tramite l’uso della prima persona, e dell’autore stesso, il quale tenta di intervenire per ben due volte cercando di convincere Piero a fermarsi (“Fermati Piero, fermati adesso\E lascia che il vento ti passi un po’ addosso”) e a sparare subito al nemico (“Sparagli Piero, sparagli ora\E dopo un colpo sparagli ancora”); Piero, però, non può udire i “consigli” del cantante, e non fa che andare incontro al suo fatale destino. Inoltre, vi è un raffinato uso dei simboli fatto dall’artista genovese: sia all’inizio che alla fine del brano, infatti, è ripetuta la descrizione del luogo di riposo eterno del povero soldato, Dormi sepolto in un campo di grano\Non è la rosa non è il tulipano\Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi\Ma sono mille papaveri rossi. Perché l'autore cita proprio questi fiori? I tulipani e le rose sono fiori che, tradizionalmente, simboleggiano la passione, l’amore e, più generalmente, la vita. Il papavero, invece, ha un significato ben diverso: oltre ad essere un fiore primaverile (quindi, un tipo di fiore che sbocciava regolarmente in quel bel giorno di maggio in cui terminava la vita di Piero), da secoli, per via del colore scarlatto, è diventato simbolo di guerra e di morte. In particolare nel Regno Unito il papavero è diventato il simbolo delle due grandi guerre per il Remembrance day (ricorrenza per ricordare i caduti delle due guerre mondiali), dato che questo fiore sbocciava soprattutto nei peggiori campi di battaglia delle Fiandre durante i combattimenti della prima guerra mondiale. I temi fondamentali della canzone non sono soltanto la guerra e la morte: un ruolo di rilievo lo ha, infatti, anche il tempo; il tempo che scorre durante la lunga marcia, il tempo che servirà a Piero per vedere il nemico morire, il tempo che egli perde nella sua esitazione che lo porterà ad essere ucciso, il tempo che non gli sarebbe stato sufficiente nemmeno “a chiedere perdono per ogni peccato”. Questa canzone, come si è ben inteso, è un inno contro l’assurdità della guerra, in cui viene descritto il conflitto interiore vissuto da tutti i soldati, i quali si trovano costretti a scegliere tra il loro patriottico dovere o il proprio impulso morale, che impedisce loro di uccidere un uomo. La sofferenza descritta è una sofferenza universale, valida oggi come allora, da ogni soldato proveniente da qualsiasi Paese del mondo.
Martina Chantal Lattanzio - Liceo “G. Bianchi Dottula” Bari - classe V^ AU

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