Salve a tutti, sono la vostra inviata Martina Sciacqua ed oggi utilizzerò la famosa "Giratempo” utilizzata in Harry Potter per poter parlare con Nerone e vedere se ci dice tutta la verità; siete pronti a seguirmi in questo fantastico viaggio? Veloci, non dimentichiamo che abbiamo solo cinque ore a disposizione prima che si verifichino gravi danni al tempo. E’ un personaggio dal carattere rovente, ovvero l’imperatore romano Lucio Domizio Enobarbo, conosciuto come Nerone perché quando l’imperatore Claudio lo adottò prese il nome di Nero Claudius Drusus Germanicus. Eccolo qui, andiamo a conoscerlo!
Inviata: Salve imperatore Nerone, grazie per avermi concesso un po’ del suo prezioso tempo per questa intervista. È pronto a rispondere alle mie domande, anche a quelle più scottanti?
Nerone: Non c'è di che, chieda pure.
Inviata: Il “quinquennio felice” è stato considerato uno dei periodi più prosperosi dell'impero, perché?
Nerone: Per ben cinque anni sono stato guidato da mia madre Agrippina, dal mio maestro Seneca e dalla guardia pretoriana Sesto Afranio Burro. Ma non penso sia stato questo a rendere quel periodo felice, bensì la riforma tributaria e monetaria che concessero numerosi vantaggi ai più poveri; ecco perché ero molto amato dal popolo.
Inviata: Perché ordinò l’uccisione di sua madre, della sua guardia pretoriana e costrinse al suicidio Seneca?
Nerone: Deve sapere che congiuravano contro di me e contro l’impero. Mia madre era una donna molto ambiziosa che aspirava al potere, e pur di ottenerlo arrivò ad avvelenare il marito Claudio, suo figlio Britannico e mi fece sposare all'età di sedici anni con Ottavia, la figlia di Claudio. I suoi piani però cambiarono quando decisi di allontanarla dal potere perché voleva farmi destituire; fui così costretto ad ordinare la sua uccisione e sinceramente tuttora sono tormentato da terribili incubi. Seneca, colui che mi dedicò il “De clementia” nel quale mi invitava ad essere clemente e a risparmiare il nemico, fu trovato nella lista dei congiurati, mentre sostituii Afranio Burro con Tigellino. Per giunta volevano nominare come imperatore Gaio Calpurnio Pisone; in quarantuno parteciparono alla congiura, tra senatori e cavalieri.
Inviata: Perché era definito “megalomane”?
Nerone: Sicuramente per invidia, ero un poeta eccellente e il popolo doveva assistere alle mie strabilianti esibizioni. Devo dirle la verità: sono stato costretto ad applicare la damnatio memoriae nei confronti di alcuni intellettuali perché si permettevano di paragonarsi a me, ma io ero l’unico che doveva primeggiare.
Inviata: È stato accusato da Tacito, Svetonio e dall'intera corte di aver causato un terribile incendio a Roma e di aver dato inizio alla persecuzione contro i Cristiani, cosa può dire a riguardo?
Nerone: A Roma gli incendi erano frequenti, anche perché molte case erano costruite in legno, ed inoltre in molti depositi c’erano sostanze infiammabili; tuttavia io non ero presente a Roma e non avrei mai messo in pericolo il mio palazzo nel quale erano presenti dei beni preziosissimi e soprattutto i soldi dello Stato. Tra il popolo e la corte serpeggiava l'idea che fossi stato io il responsabile di quell’ incendio poiché volevo costruire la Domus aurea, ma queste voci erano del tutto infondate e fu proprio per allontanare da me queste accuse che diedi vita ad una persecuzione contro i Cristiani.
Inviata: Era un grande appassionato dei giochi olimpici ellenici?
Nerone: Ero un grande amante delle Olimpiadi, presi parte a diverse gare ad Olympia, nelle quali trionfai ed è per questo che ne creai una sorta di copia a Roma, i cosiddetti Neronia che erano divisi in arte, ginnastica ed equitazione.
Bene ragazzi, l'imperatore è stato abbastanza sincero per quanto riguarda la questione dell'incendio e ce lo possono confermare molti storici; quello che dice sulla damnatio memoriae non è del tutto corretto poiché ne fece strategicamente uso in quanto c'erano opere più belle delle sue, mentre riguardo Seneca non si sa se abbia realmente partecipato alla congiura dei Pisoni o sia stato proditoriamente coinvolto. Ricordiamoci però che parliamo sempre di colui che in preda alla follia uccise sua moglie Poppea, incinta e se la cavò con un solenne funerale.
Cosa abbiamo imparato da questa intervista? Ve lo riassumo con una frase: “IRA INITIUM INSANIAE”, che significa “l’ira è il primo sintomo della pazzia”.
Dalla vostra inviata è tutto, vi saluto e alla prossima intervista impossibile!
Martina Sciacqua - Liceo "G. Bianchi Dottula" Bari - classe 4^BU Scienze umane