Da sempre l’uomo si è chiesto quale fosse il senso del proprio essere e ha cercato di capire il mondo che lo circonda, guidato dal desiderio di conoscenza.
La voglia di sapere è un concetto che ha un ruolo fondamentale di salvezza nella nostra vita che ci accompagna da sempre: insegna a essere innovativi, a non fermarci alle apparenze che possono essere ingannevoli e ci insegna a non avere limiti. Soprattutto per questo ultimo motivo, la sete di conoscenza può anche essere considerata un male, come ci insegna l’esperienza di Lucio e Psiche, nell’opera di Apuleio delle “Metamorfosi”. Senza la curiosità che caratterizza tutti gli uomini, non ci saremmo evoluti, non saremmo venuti a conoscenza dei nostri limiti, ma è importante saperla controllare e, come afferma Apuleio, ogni conquista e ogni obbiettivo che si pone l’uomo ha bisogno di una guida per non andare incontro a delle conseguenze spiacevoli. Da sempre ci ha spinto a chiederci quale fosse il senso del proprio essere e a capire e conoscere la realtà che ci circonda: anche lo stesso Aristotele aveva affermato che tutti gli uomini tendono per natura alla conoscenza, che è alla base della filosofia. Però colui che espresse per la prima volta il rapporto tra essere e conoscere fu Immanuel Kant, che con la sua gnoseologia fece della natura umana la base della conoscenza, e allo stesso tempo mise in risalto quanto l’uomo cerchi sempre di spingersi al di là delle proprie possibilità, desiderio che è insito nel suo stesso intelletto. Egli ipotizzò la presenza di strutture innate nell’uomo che rendono possibile la conoscenza stessa, oltre il giudizio morale ed estetico: le forme a priori. Queste forme a priori sono lo spazio, il tempo e le categorie, che risultano essere principi che ordinano e unificano, che ci permettono di dare ordine al caos che governa la realtà fenomenica e che, altrimenti, non potrebbe essere conosciuta.
Kant non si sbagliava: l’uomo ha sempre provato a conoscere quel noumeno, a sfidare l’ignoto. Un esempio per eccellenza è presente nella letteratura universale, ed è il personaggio di Ulisse o Odisseo.
Dal mondo omerico, basato su atti di eroismo e valori collegati al mondo epico, emerge la figura di Ulisse, un eroe che all’interno di questo universo sembra quasi stonare: egli non si distingue per il suo valore in battaglia come Achille, anzi, cerca quasi di evitare la guerra, e l’arma più efficace che ha è la sua intelligenza. Egli è quindi l’antieroe, un uomo a tutti gli effetti, con tutte le sue gioie, sofferenze angosce e passioni. Ulisse preso dalla nostalgia per la sua casa e per i suoi amati familiari, che brama ogni giorno di riabbracciare, ma è consapevole che forse non potrà più rivederli ed anzi, egli arriva addirittura a rifiutare l’immortalità offertagli da Calipso, pur di restare uomo e vivere appieno la sua esistenza. La necessità di andare oltre è quindi propria dell’uomo, è un fattore intrinseco alla sua natura.
Il personaggio di Ulisse viene delineato per la prima volta da Omero nell’Odissea, descritto come un uomo affascinato dall’ignoto e che è capace di adeguarsi alle diverse situazioni. Questo personaggio, però, conosce la sua fortuna letteraria grazie alle varie interpretazioni della sua storia in numerosi testi successivi. Dante, ad esempio, decide di proporre nella Divina Commedia l’immagine di un Ulisse diversa da quella omerica, accentuando il suo amore per il sapere che lo spinge oltre i confini della terra allora conosciuta. Si vede confinato nel profondo dell’Inferno, insieme agli altri fraudolenti, punito in eterno dalla giustizia di Dio, per aver abusato del proprio ingegno. L’intelligenza è infatti per Dante un dono divino che non deve essere adoperato in contrasto con le norme morali e religiose.
Nel corso dei secoli l’amore per il sapere e l’innata curiosità dell’uomo lo hanno spinto a superare i limiti posti dalle convenzioni e a spingersi sempre verso nuovi orizzonti. Basti pensare alle scoperte in campo scientifico, tecnologico o medico che hanno completamente rivoluzionato la storia. Gli scienziati di oggi possono essere paragonati ad un moderno Ulisse, sfidando l’ignoto e varcando il confine tra il bene ed il male. Oppure, riflettiamo un momento sull’attenzione che l’uomo ha sempre avuto nei confronti dell’universo: dalla rivoluzione astronomica di Copernico alle recenti scoperte in vari campi, che dipendono dal nostro insaziabile desiderio di conoscere, dalla nostra instancabile propensione verso il sapere. È il nostro desiderio di conoscere che ci arricchisce e ci realizza come esseri umani giorno dopo giorno, è la nostra curiosità che ci sprona a scoprire cose nuove che riescono ad essere un valore aggiuntivo al quotidiano. In fondo, le parole di Ulisse nella Divina Commedia non erano poi così sbagliate: «fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza.
Simona Pia Pitarella – Liceo “G. Bianchi Dottula” Bari – classe 5^BU
La sete di conoscenza
- Dettagli
- Inserito da Lia De Marco
- Visite: 8070