Il rapporto da sempre conflittuale con suo padre aveva portato Zeno a fuggire da questa figura autoritaria e ad opporsi in tutti i modi a lui: il padre, tipico uomo borghese, era pieno di certezze e sicuro di se' e delle sue conoscenze, era quello che la società etichettava come "sano", mentre Zeno, per opporsi alla sua figura, era alla costante ricerca di sicurezze, era per questo il tipico "inetto" sveviano, incapace di realizzarsi completamente anche a causa della sua malattia. Da questo conflitto nascono in lui impulsi inconsci di malvagità nei confronti del padre che però da sempre nasconde a sé stesso
anche in punto di morte, infatti, per liberarsi dal senso di colpa si prende cura del padre, attuando così un'inversione dei ruoli: Zeno,
infatti, prende alla lettera ciò che dice il dottore, sperando di aiutarlo, ma il suo obiettivo era quello di indurlo alla morte, anche se non lo ammetteva a se stesso. L'inversione dei ruoli però, viene annullata del tutto con lo schiaffo di suo padre poco prima di morire, come atto punitivo per il comportamento del figlio: anche in punto di morte, Zeno si sente colpevolizzato dalla figura paterna tanto disprezzata. "Egli era morto ed io non potevo più provargli la mia innocenza", così Zeno vuole mostrare a sé stesso e agli altri che lui non era colpevole di nulla e che non era quello il suo reale obiettivo, e questo avrebbe voluto dimostrare anche al padre ma, ormai, era scaduto il tempo per rimediare ai suoi sbagli nonostante i suoi sforzi vani. Così Svevo descrive il rapporto antagonistico tra il padre e Zeno, il cui comportamento, come si evince dal testo, è molto ambiguo, c'è infatti una discordanza tra ciò che vorrebbe fare e ciò che fa, molto più consono a quello che gli altri si aspettano. Stesso rapporto conflittuale lo ritroviamo con Zeno e sua moglie, considerata come sana e come sua salvatrice dagli ossessivi dubbi esistenziali ma "mi accorgo che, analizzandola, la converto in malattia", dunque egli è sempre più convinto che la sua sicurezza in ciò che fa, la rende ignorante e che in realtà la vera malata della coppia è lei. Ad opporsi a questo rapporto antagonistico troviamo il forte legame che tiene uniti lo scrittore novecentesco Eugenio Montale e sua moglie, chiamata "Mosca" perché lei, nonostante fosse fortemente miope, era “la sua vista”, in quanto riusciva a comprendere le situazioni molto meglio di lui.
La famiglia dunque è una istituzione sociale e come tale è caratterizzata da dinamiche diverse, di litigio o di amore, di collaborazione o di disprezzo. Tutte le famiglie sono caratterizzate, infatti, come affermava Pirandello, da "una stanza infernale della tortura" nella quale avvengono le discussioni a volte movimentate, a volte tranquille. Un esempio di famiglia con in sé diverse dinamiche, anche opposte, è la famiglia dei "Malavoglia", romanzo di Giovanni Verga, nel quale ritroviamo uno scontro tra due generazioni: tra Padron ‘NToni, legato all'impossibilità di creare una vita migliore di quella che già si conduce, e suo nipote ‘NToni, tipico giovane che avendo conosciuto "il mondo", si ribella alla semplice vita che conduce con la sua famiglia di pescatori. Il nonno si vergogna della decisione del nipote primogenito che porta al fallimento di molti componenti della famiglia e si sente inutile, mentre trova un suo "successore" in Alessi che, facendo propri i consigli del nonno, decide di prendere in mano le redini della famiglia e cerca di riportarla al suo vecchio splendore, senza tentare alcun tipo di scalata sociale.
VALERIA VOLPICELLA, VBU, LICEO BIANCHI DOTTULA BARI