IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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Siamo in un contesto storico e politico molto particolare, alle porte della Belle epoque con dinanzi a noi la prima guerra mondiale e l’inizio della crisi dell’identità dell’uomo che colpisce tutto il periodo del 900. A questo proposito è doveroso osservare che alla crisi dell’io spesso si associano: la follia, la scoperta, la pluralità dell’io e molto spesso i temi della trappola familiare, le maschere e il contrasto tra vita e forma. In un clima tanto acceso nasce una delle opere più importanti di Pirandello: “Uno, nessuno e centomila”, tale romanzo si realizza attraverso l’unione di diversi testi tutti con un unico protagonista: Vitangelo Moscarda. Fra i brani composti iniziamo ad analizzare quello che ci viene proposto: “Il naso e la rinuncia al proprio nome”. Esso è sicuramente uno dei più significativi presenti nella prima parte dell’opera. Esso tratta del protagonista Vitangelo che si sta osservando allo specchio perché ha un dolore ad una narice, ricevendo tra l’altro dalla moglie, giudizi poco lusinghieri sul suo naso, in seguito ai quali l’uomo accentuerà un profondo dialogo interiore circa le ulteriori caratteristiche fisiche che non lo appagano e che lo fanno sentire un inetto rispetto al mondo. Il personaggio a partire dal naso che pende, le sopracciglia come accenti circonflessi e le gambe asimmetriche, sprofonda in un senso di inadeguatezza che lo porta a reagire come se tutti quei giudizi fossero immeritati, e scavassero dei buchi nel suo animo, “come una talpa nel terreno”. Pirandello per mostrare tale senso di inettitudine utilizza diverse espressioni metaforiche, per incarnare la condizione interiore del protagonista come: “Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda”, “sopracciglia come due accenti circonflessi”, “velenosissimo grazie”, “in abissi di riflessioni”, “come una tana di talpa” e “quel sassolino che aveva assunto le proporzioni di una montagna insormontabile”. Con tutte voleva indicare il dolore che logorava Vitangelo al sentire di quelle critiche. Attraverso le reazioni del protagonista, illustrate tramite i differenti espedienti narrativi, emergono le caratteristiche chiave del personaggio che appare come un uomo insicuro, fragile e demoralizzato; egli infatti non risponde alle critiche con autostima o indifferenza, ma al contrario le avverte tutte come un duro colpo e da un solo difetto elencato da una persona esterna a lui, arriva a mettere in dubbio tutto ciò che lo riguarda. Fra le figure retoriche utilizzate dall'autore spicca la metafora del sassolino: “quel sassolino che per me intanto aveva assunto le proporzioni di una montagna insormontabile”. Con questa espressione si vuole affermare come spesso una piccolezza che per noi appare insormontabile in realtà agli occhi degli altri diviene quasi invisibile.
Nel brano proposto come anche nel famosissimo romanzo “Il fu Mattia Pascal” e nel dramma “Sei personaggi in cerca d’autore” si evidenzia il  concetto della “trappola familiare”, concetto molto sentito da Pirandello, in quanto egli pensa che una delle trappole in cui l’uomo è prigioniero è proprio la famiglia, tanto che lui accoglie anche il carattere opprimente dell’ambito familiare, l’ipocrisia, gli odi e le menzogne che lo caratterizzano. La famiglia è il primo ambito dove si manifestano queste situazioni paradossali, tanto che ne “I drammi del grottesco” il salotto viene definito “la camera della tortura”. La disamina delle insoddisfazioni si allarga anche ad altri ambienti come nel caso della novella “Il treno ha fischiato”, la cui follia del protagonista esplode in quel caso nell’ufficio, dovuta proprio alla trappola familiare.
Giulia Milella - classe 5^BU Liceo delle Scienze umane "Bianchi Dottula" Bari 

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