Siamo in un contesto storico particolare, nel quale Svevo ha vissuto sempre in un ambiente borghese, frequentando il ceto più ricco al quale appartenevano sia la sua famiglia che quella della moglie. I suoi personaggi quindi riflettono la mentalità, i vizi e soprattutto la nevrosi tipica della borghesia. Molti autori dell’Ottocento e del Novecento considerano ad esempio la “trappola familiare" come l’ambiente che più ci pone davanti a difficoltà e nevrosi. Uno degli autori più celebri che ha parlato molto di questo aspetto conflittuale all’interno della famiglia è Italo Svevo con il suo romanzo “La coscienza di Zeno”. Uno dei capitoli di esso si intitola “La morte di mio padre”, nel quale lui racconta questo rapporto ambivalente con la figura genitoriale che sta vivendo gli ultimi giorni della sua vita. Zeno Cosini considera il padre come una figura sicura di sé è piena di equilibrio, mentre lui è sicuramente di valore superiore sul piano culturale, ma spesso di fa prendere da scatti d’ira e nervosismo, dunque vorrebbe avere l’equilibrio del padre ma non ci riesce. Tutto l’episodio ne “La morte di mio padre”, ruota intorno al senso di colpa che Zeno prova nei confronti di quest’ultimo pensando che sia stato lui a farlo morire e che lo schiaffo ricevuto dall’autorità che lui ritiene superiore, è stato un atto per punirlo. Subito dopo in lacrime si astiene dalla colpa, dicendo che l’aveva obbligato il dottore a rimanere sdraiato. Inoltre per “difendere” il padre disse che è stato un atto involontario. Il rapporto conflittuale e antagonistico con quest’ultimo è un carattere comune a tutti gli inetti “Sveviani”, i quali non possono coincidere con quell’immagine paterna, virile e sicura di sé. Zeno offre del padre un pessimo ritratto, che rivela una profonda tensione. Questo odio spinge Zeno a ricercare la sua inettitudine, ed è proprio per questo che tutta la sua aggressività si rivela in occasione della malattia del genitore. Nonostante questo intenso rapporto conflittuale, esso viene mascherato dall’interesse che Zeno ha nel prendersi cura di lui proprio sul punto di cedere, ma soprattutto dal volerlo difendere, dicendo che lo schiaffo è stato un atto involontario e non un mezzo per punirlo, infatti il padre non è più una figura autoritaria, ma viene considerato “Il debole buono”. Inoltre per eliminare i sensi di colpa, Zeno cerca di ricordarsi solo gli aspetti positivi del padre. Nonostante ciò però, dietro lo sgomento e il dolore del figlio, affiora continuamente il desiderio che il padre muoia. Infatti Zeno non ammette a se stesso i suoi impulsi malvagi nei confronti di quest’ultimo, ed anche a distanza di anni dagli eventi narrativi, si costruisce alibi e autoinganni, rendendo inattendibile il proprio racconto. In tale romanzo si evidenzia il concetto vivo di “trappola familiare", pensiero molto sentito anche da Pascoli, con la sua poesia “X agosto”, nella quale esprime il suo grande dolore dovuto dalla morte del padre, infatti lui ha un’idea opposta a quella di “trappola familiare", in quanto ha sempre voluto preservare “il nido famigliare” e creare una continuità tra i vivi e i morti. Tutto questo dolore gli ha provocato l’incapacità di amare e di fidarsi, proprio per questo ha l’idea “dell’homo homini lupus”, ovvero vede sempre la cattiveria negli uomini, ed è proprio per questo che non ha mai avuto una donna al suo fianco. Al contrario di Pascoli c’è chi ha un’idea alquanto negativa dell’istituzione in quanto famiglia, uno di questi è Giovanni Verga, il quale nel suo romanzo “I Malavoglia”, presenta un conflitto tra nonno e nipote, ovvero Padron ‘NToni eil giovane ‘NToni. Il nonno era desideroso di rimanere nel suo piccolo con la sua attività di pesca, mentre il nipote voleva allargare l’attività, facendo alla fine radere tutto al suolo. All’interno della stessa famiglia però ci possono essere momenti di conflittualità, come questo, e momenti di serenità, caratterizzati dal desiderio di Mena e Alessi, di ripristinare la “casa del nespolo”. La famiglia dunque, intesa come istituzione, al suo interno ha delle determinate dinamiche che vanno aldilà dell’istituzione famigliare, infatti sempre in Svevo ritroviamo un rapporto ostile tra moglie e marito con il suo romanzo “La salute malata di Augusta”, nel quale Zeno pur di non stare da solo, accetta di sposare la donna che, in realtà, non ama. Per concludere, nel brano proposto, come anche ne “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello, o nel dramma “Sei personaggi in cerca d’autore”, si evidenzia il concetto vivo di “trappola famigliare”, pensiero molto sentito da Pirandello, del quale egli pensa che una delle trappole in cui l’uomo è prigioniero è proprio la famiglia, tanto che lui accoglie anche il carattere opprimente nell’ambito famigliare, l’ipocrisia, gli odi e le menzogne. La famiglia è il primo ambito dove si manifestano queste situazioni paradossali, tanto che ne “I drammi del grottesco”, il salotto viene definito “la camera della tortura”. La disamina delle insoddisfazioni si allarga anche ad altri ambienti come nel caso della novella “Il treno ha fischiato”, la cui follia del protagonista esplode in quel caso nell’ufficio, dovuta proprio alla “trappola familiare".
Stefania Loconte - classe 5^BU Liceo delle Scienze umane "Bianchi Dottula" Bari