Una valigia carica di sogni, aspettative e speranze; un sorriso grande e compiaciuto; occhi brillanti e sguardo fiero, determinato: sono queste le caratteristiche di un viaggiatore tipo, un avventuriero dal cuore tanto grande da potervi custodire il meraviglioso fiore del passato ed innaffiarlo con l’acqua fresca del presente.
Il viaggiatore è un funambolo che vive di rischi e sensazioni folli, che percorre una fune tanto sottile da sembrare invisibile. Un danzatore del cielo che cammina guardando sempre avanti, senza alcuna esitazione, alcun ripensamento, perché il desiderio di riuscire nella sua performance, di sfidare se stesso e superare i propri limiti, di compiacere gli altri, vince la paura di cadere, il terrore di sbagliare, il timore di fallire. A tal proposito il viaggio di Ulisse, magistralmente descritto nella Divina Commedia, è un utile paradigma offerto dalla letteratura italiana. Nell’abile discorso da grande oratore, pronunciato da Ulisse, prevale una frase ormai scolpita nella memoria collettiva: “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”. Uomini intrepidi che, su navi cariche di sogni e speranze, spinte dal vento della “curiositas”, sono pronti a salpare il mare della conoscenza, superando il limite posto dalle Colonne di Ercole. Un viaggio pilotato da esigenze puramente terrene; il sapere come chiave di lettura della realtà, che apre le porte ad una vita appagante e viva, completa. Oggi più che mai viaggiare significa vivere, catapultarsi in un mondo nuovo, indossando abiti “nuovi”, ricoprendo ruoli altri; un mondo per “grandi”, animato da doveri e responsabilità da “grandi”. Molti temono di compiere questo passo perché viaggiare significa rischiare: “sai cosa lasci, non sai cosa trovi”. La vita va vissuta in maniera attiva, frizzante, dinamica; le paure non devono bloccarci, ostacolarci, limitarci. Viaggiare significa, quindi, allontanarsi dall’ambiente caldo e rassicurante, sicuro e confortevole di casa; diventare indipendenti potendo fare affidamento solo sulle proprie forze. E, ovviamente, l’ignoto spaventa, il buio intimorisce. A molti piacerebbe vivere in una campana di vetro, protetti e avvolti dall’amore dei propri genitori, tra vizi e certezze, “serviti e riveriti” dalla mamma e dal papà. Ma viaggiare è molto più vantaggioso, intrigante. Il viaggio è una forma di divertimento e divagazione. Nuovi ambienti, nuovi posti. Nelle vesti di turista, ricercatore frettoloso, impari ad apprezzare, partendo dal tuo piccolo e confortevole mondo, anche la nuova realtà che ti affascina e incuriosisce. Molto frequente è anche il fenomeno della “fuga di cervelli”: ragazzi intraprendenti che lasciano il loro paese per approdare in una terra più feconda, che offre un ventaglio di possibilità, per lo più lavorative, più vantaggiose e immediate. Si tratta di un fenomeno tanto diffuso, quanto temuto. Verificatosi in prevalenza in Italia, questo Paese dovrebbe tutelarsi, promuovendo un arricchimento interno, funzionale a limitare le perdite di giovani, individui essenziali per lo sviluppo e la progressione della società. Il viaggiatore è un albero che ha radici ben piantate nel suolo, nella sua terra natale, e i cui rami tendono verso il cielo, l’illimitato. Un albero ben difficile da abbattere poiché fortificato dalle esperienze e attraversato dalla linfa vitale della volontà di scoprire. Viaggiare è utile per conoscersi meglio, comprendendo la nostra essenza più vera e profonda. Viaggiare per assaggiare novità, per conoscere il mondo. Quindi viviamo! Viaggiamo!
Maria Grazia Romanelli, IV B/Classico
Liceo Classico, Linguistico, delle Scienze Umane “F. De Sanctis” - Trani