In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne il Liceo Pietro Siciliani di Lecce ha deciso di diffondere un messaggio di rispetto e di solidarietà nei confronti di tutte le donne che, ogni anno, subiscono violenze e abusi, organizzando il primo concorso letterario "Mai più violate". Hanno partecipato all'iniziativa alunni e alunne del Liceo, elaborando una poesia, un saggio breve o un articolo di giornale. Il 25 Novembre 2016 si è tenuta una manifestazione nell' aula magna della sede centrale del liceo P. Siciliani, nella quale sono state presenti la dirigente scolastica professoressa Vittoria Italiano e la dottoressa Tessitore; hanno inoltre partecipato i rappresentanti di istituto e di classe. Ha collaborato anche il gruppo musicale del Liceo, sotto la supervisione del prof. Lapenna, esibendosi con canzoni tipiche salentine. Durante la giornata, è avvenuta la premiazione delle prime classificate: Roberta Greco per la categoria "poesia" e Carola Manca per la categoria "saggio breve".
DONNA ANNIENTATA
Giovane donna
fresca
esile corpo
limpida
anima incontaminata
pura;
io
Anna
innamorarsi
del mio azzurro
sentirsi
dolce idea;
amante
focoso,
TU
Principe
Tempo dopo
bellezza
dissolvendo
offese
pugni
schiaffi.
Lui
uomo,
io
sottomessa
Quella notte
uno strappo violento
ha divorato
la mia vita
spaccata
dalle tue lucide impronte
e dal tuo piacere perverso...
io
nessuno
Ora,
rossi occhi
sotto le violacee palpebre
gridano vendetta
dai tuoi istinti animali
che mi invadano
paura!
paura di denunciare,
tu
bestia
selvaggia
IO
donna annientata
io
nulla...
Roberta Greco
DONNE: TRADIZIONE, SOCIETA', VIOLENZA
21 Novembre. Si vede in televisione, si sente alla radio, si legge sui giornali e persino sulla home di Facebook: sono ben sessanta le donne che, in questo 2016, sono state vittime di femminicidio. Sessanta vite. Sessanta donne: madri, mogli, figlie. E' disarmante già solo pensare che questo sia avvenuto proprio per mano di un uomo: l'uomo che più si ama, che dovrebbe dare protezione, sicurezza. L'uomo scelto come compagno di vita che, invece, ti raccoglie lentamente, ti accarezza, ed in punta di piedi, ti poggia sul letto di morte. Emergono altre mille giustificazioni: "omicidio passionale", "d'amore", "raptus", "momento di gelosia", ecc... Amore, gelosia? Come può un sentimento puro, vero come l'amore, porre fie ad una vita? Come può un uomo, un essere umano, essere così impassibile, apatico, nei confronti di colei che dovrebbe amare più di ogni altra cosa? Una contraddizione dunque, un ossimoro. Eppure é ciò che accade, è ciò che sentiamo, vediamo, ma non abbiamo il coraggio di fermare. La maggior parte delle donne ha paura. Non denuncia, non ammonisce i comportamenti violenti, sia stata violenza fisica, sia stata psicologica, ugualmente non lo fa. Si chiude in se stessa, in un minuscolo angolino e patisce in silenzio, il dolore che non merita. Noi invece ignoriamo, é ciò che preferiamo. D'altronde, perchè interessarsi di qualcosa che accade in una casa che non è la nostra? Perchè preoccuparsi di una vita, se comunque non riceveremmo nulla in cambio? E continuiamo ad ignorare. "Uccisa dal compagno", e sospiriamo. "156 donne hanno perso la vita nel 2015" ed allora spegniamo il televisore. Tanto, cosa importa? Preferiamo non sentire, non vedere; nessuno vuole angosciarsi, rovinarsi la giornata, per ciò che succede in un paesino tanto lontano dal proprio. Quello che poi non comprendiamo, è che potrebbe accadere ad una qualunque donna, anche di nostra conoscenza. Siamo così abituati, convinti che a noi non possa mai, mai, mai succedere nulla; viviamo costantemente ibernati sotto una campana di vetro. Se solo ci svegliassimo, se solo aprissimo gli occhi, smettendo di vivere nel mondo delle fiabe, dove tutto è perfetto, dove vige la regola del lieto fine! Solo allora ci renderemo conto di quanto la realtà sia imperfetta, in quel momento ci daremo da fare. Sorge spontaneo chiedere: cosa potremmo, o meglio, dovremmo fare? Essendo il femminicidio un vero e proprio fenomeno culturale, la risposta è nella nostra cultura, educazione. Se nelle nostre case smettesse di vigere la disinformazione, l'ignoranza intesa nel significato pregnante di "non conoscenza" ed un sistema familiare tradizionalmente gerarchico, bene, questo sarebbbe già un primo passo. Perchè non è forse vero che tutt'oggi la donna è "costretta", quasi obbligata dalle stesse tradizioni, a sacrificarsi tra i lavori domestici e la cura dei figli, mentre l'uomo conduce la vita di grande lavoratore? Non è già questa una prima forma di sopraffazione? L'intera società è impostata in questo modo. Certo, l'uomo è più forte, determinato, colui che "porta i pantaloni in casa". Il genere femminile invece, è debole, incapace. Si diffonde sempre più l'idea che l'uomo sia malvagio, traditore, omicida. La donna insicura, sottomessa. Sono le nostre stesse idee a formare questa società. Dovremmo pensare e mettere in pratica l'uguaglianza, smettendola di vivere in una sorta di monarchia idealizzata, in cui il potere è in mano al genere maschile. Perchè è esattamente questo, ciò di cui hanno paura certi uomini, se così li possiamo definire. Paura di perdere il potere. Di conseguenza pensano quasi di avere il diritto, diritto di annullare la donna, colei che rischiava di sottrarre loro il potere assoluto. Dunque, siamo noi a non voler cambiare le nostre idee, a non voler migliorare la situazione. Siamo pigri. Vediamo, ascoltiamo ma passivamente. Siamo egoisti, interessa solo di noi stessi. Muoiono più di cento donne ogni anno ma non facciamo granchè per evitarlo, siamo costretti ad attenerci a delle volontà che ci vengono imposte dall'alto. Se per secoli la donna ha subito violenze, è stata messa in secondo piano, e a noi continua ad andare bene così. Tanto non siamo noi a perdere una madre, una sorella, un'amica! E se dovesse succederci una cosa simile? Ma no, è impossibile. Abbiamo le nostre convinzioni, e non riusciamo proprio a separarci da esse. Continuiamo a vivere nel nostro mondo perfetto, augurandoci che il vetro della campana non si rompa mai.
Carola Manca
Arianna Caracciolo, II AS.