Le opere di Tito Maccio Plauto risalgono alla metà del III a.C., tuttavia, non si può certo affermare che siano rimaste ferme a quel periodo. Molti elementi tipicamente plautini si ritrovano, infatti, in autori successivi.
Ne è un esempio l’Avaro di Molière commedia scritta nel 1668. La figura di Arpagone rimanda immediatamente a quella di Euclione nell’ Aulularia; entrambi i vecchi avari custodiscono gelosamente una scatola ed una pentola piene d’oro. Anche le figure femminili, Elisa e Fedria, presentano molte caratteristiche in comune: ad esempio, l’amore per un uomo che non è quello a cui sono destinate. Elisa, infatti, è promessa sposa senza dote ad Anselmo, il padre del giovane per il quale il suo cuore batte; nello stesso modo Fedria, senza dote, dovrà sposare Megadoro, zio dell’adulescens Liconide, follemente innamorato della giovane. Un altro aspetto in comune è la sparizione dell’oro, che in entrambe le opere verrà poi ritrovato. A differenza della commedia plautina, nell’Avaro di Molière c’è un finale, il quale probabilmente avrebbe costituito un ulteriore elemento di contatto tra le due opere e che consiste nella celebrazione dei matrimoni a spese proprio del vecchio avaro.
Un altro drammaturgo ad utilizzare spunti plautini fu Shakespeare. Lo dimostra La bisbetica domata. In quest’opera i due servi astuti portano gli stessi nomi, Tranio e Grumio, dei servi callidi della Mostellaria di Plauto. Anche la figura di Falstaff de Le allegre comari di Windsor può paragonarsi a quella del vanaglorioso ed impudente Pirgopolinice del Miles Gloriosus. E come non pensare alla Rudens quando ci si immerge nella lettura de La tempesta di Shakespeare? In entrambi i casi è centrale il tema del naufragio. E ancora vi è un nesso tra le parole pronunciate da Amleto a sua madre nell’atto III, scena 4 dell’omonima tragedia “[…] prendilo in prestito il pudore, se non l’hai”, e quelle pronunciate da Anfitrione a sua moglie Alcmena nell’Amphitruo plautino.
Ma l’opera di Shakespeare che più ha tratto ispirazione dalle opere di Plauto è La commedia degli errori, basata sul motivo dell’equivoco e dello scambio di persone. In filigrana si intravedono i Menaechmi.
Plauto, abile orditore di trame, inaugura anche, rifacendosi alla tradizione comica greca, strutture narrative ed espedienti drammaturgici (il tema del doppio, realizzato attraverso il ruolo dei gemelli, l’agnizione) che persisteranno a luogo nel teatro europeo. Concludendo, Pauto non è stato un autore di successo solo nel suo tempo, ma la sua fama si è perpetuata fino ai giorni nostri, ispirando nel corso dei secoli tanti scrittori in cui si riconoscono i suoi lasciti.
L’attualità dei temi, l'intraprendenza di chi non ha altri mezzi, se non la propria intelligenza per sbarcare il lunario, la chiusura mentale simboleggiata dall’avarizia sono motivi più che vincenti anche per il pubblico di oggi che accorre numeroso alle rappresentazioni di commedie plautine, specie nella cornice dei teatri greci o romani presenti nel nostro territorio.
Alessandra Carrassi, Marinella Milia, 3°AU - Liceo Bianchi Dottula di Bari