“La bella voce intonata del marinaio e l’armonia si fondevano con il mormorio delle onde. Immersi in una luce che non è né notte né giorno, ma chiarore di sogno, le note di quel canto sembravano esprimere tutte le fuggevoli sensazioni della vita, suscitando nell’animo uno stato di felicità mentre ricordi e presentimenti si avvicendavano nella mente”.
Questa frase, soprastante al quadro “Pranzo a Posillipo”, è il commento dell’artista Giuseppe De Nittis, suo autore, e apre il percorso studiato attraverso i quindici quadri che compongono la mostra “La poesia della tavola: da Giuseppe De Nittis a Felice Casorati”. La mostra, a cura di Emanuela Angiuli e Dario Matteoni è stata inaugurata il 20 Novembre 2015 e rimarrà aperta tutti i giorni dalle ore 10:00 alle 18:00 fino al 21 Febbraio 2016.
Il percorso inizia con opere del 1800 impressioniste e termina con opere novecentesche del realismo magico. Diversi sono i periodi artistico-storici, ma il tema è unico: lo stare a tavola e come, col passare del tempo, esso sia diventato tema di diversa rappresentazione ed interpretazione della società italiana. Nelle opere è curato ogni minimo dettaglio e l’attenzione degli artisti è maggiormente rivolta agli oggetti e ai particolari di ciascuna figura, elementi che suggeriscono all’osservatore il contesto storico-economico della raffigurazione: ad esempio si può dedurre dall’abito la classe sociale del personaggio rappresentato o, da una semplice postura, la fermezza del carattere del soggetto ritratto. Le scene dipinte sono fortemente realistiche e si passa da un ‘800 impostato e “perbenista” ad un ‘900 ribelle, dove gli artisti osano e ostentano il cambiamento sociale attraverso piccoli particolari. Ad esempio, nel dipinto di Aldo Corpi De’ Remini, viene dato spazio alle classi sociali più basse, per le quali il cibo e la tavola assumono il ruolo di esigenza primaria oltre che di momento di riunione; oppure il dipinto di Dafne Casorati mette in evidenza una donna sovversiva che si distacca dal contesto sociale al quale appartiene.
La conclusione del percorso lascia nell’osservatore un senso di straniamento. Le opere rappresentano il mutamento sociale sempre in corso e il momento dei pasti è solo un aspetto, che forse si sta andando sempre più ad estinguere. A tavola non c’è più comunicazione e si può ben notare la differenza tra uno dei quadri della mostra, dove il pasto è momento di riunione, e il nostro pranzo quotidiano, dove le chiacchiere e le opinioni vengono ammutolite dai programmi televisivi. Questi momenti di convivialità, immortalati nei dipinti, sono giunti sino a noi, quasi a ricordarci oggi cosa eravamo ieri e come, con poco, si era felici.
Rebecca Izzo, Liceo B. Dottula