IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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Importantissime scoperte sono state proprio frutto della serendipity. Esse sono entrate per sempre a far parte della nostre pagine di storia: chi avrebbe mai pensato infatti che la bioluminescenza di alcune meduse avrebbe portato al “microscopio del terzo millennio”?
Di certo non ci pensava il protagonista di quella storia, il chimico giapponese Osamu Shimomura quando, nel 1960, a Princeton, iniziò a studiare i fenomeni della luminescenza naturale, scelta che quarantotto anni dopo gli avrebbe valso l'ambito premio Nobel per la scienza.
Un'altra famosissima scoperta che possiamo attribuire alla serendipity è quella fatta Alexander Fleming, medico, batteriologo e farmacologo britannico. Nel 1928, infatti, verificando lo stato di una coltura di stafilococchi sul quale stava lavorando, vi trovò una copertura di muffa che aveva contaminato i batteri in modo alquanto bizzarro: dovunque fosse cresciuto, non c’era più traccia di stafilococchi. Dopo vari approfondimenti, approdò alla conclusione che si trattasse di una muffa appartenente al genere Penicillium. Quando riuscì ad isolare ed analizzare questo nuovo composto, lo chiamò Penicillina, fornendo il primo antibiotico efficace contro le infezioni.
È al giornalista ungherese Lásló József Bíró che si deve invece l’invenzione della prima penna a sfera o meglio chiamata oggigiorno “Biro”, in onore del suo inventore che la brevettò nel 1938. L’idea gli venne osservando dei bambini che giocavano a biglie: facendole rotolare in una pozzanghera, ne uscivano lasciando dietro di loro una scia di fango perfettamente omogenea, così Bíró pensò bene che inserendo una piccola sfera nella punta della penna, si potesse impregnare in un inchiostro viscoso, per poter scrivere in modo più scorrevole.
Il concetto di serendipity fu inoltre caro al grande sociologo statunitense Robert Merton (1910 - 2003) che vi dedico quarant’anni di ricerche e studi.
Secondo Merton, infatti, la ricerca empirica non solo hai il compito passivo di controllare e verificare le ipotesi, ma può anche dare origine a nuove ipotesi in corso d’opera e in tal modo suscitare, riformulare, riorientare e chiarificare la teoria. Ciò avviene perché in ogni ricerca di sociologia empirica è presente una componente di serendipity, ovvero la possibilità di scoprire delle novità alle quali non si pensava affatto. A tal proposito, occorre che il ricercatore sappia cogliere, con acume da investigatore, la rilevanza di dati anomali e imprevisti che gli si presentano davanti, grazie ai quali si può sviluppare una nuova teoria. La serendipity, infatti, non si serve solo del caso, piuttosto è il caso che aiuta le menti preparate portando l’individuo a cogliere il Kairos e a saper farne buon uso tramite le proprie abilità intuitive ed un forte spirito di osservazione.
Del Conte e Persia, 5Au Liceo Bianchi Dottula - Bari

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