IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

Valutazione attuale: 0 / 5

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva

Caffè amaro è l'ultima fatica di Simonetta Agnello Hornby. Un romanzo che è a metà strada tra storico e autobiografico. In alcune interviste si legge che la scrittura sia stata ispirata alla storia di sua nonna. E' un' elaborazione che è durata quattro anni, molto meditata e molto documentata. Dunque, vuole parlarne?

“Questo, come tanti altri miei romanzi, nasce da uno spunto. Volevo scrivere la storia di mia nonna che si chiamava Maria, io non l'ho conosciuta, è morta quando avevo cinque anni; però noi, a casa nostra, non abbiamo il tabù della morte, abbiamo continuato sempre a parlare di lei come se fosse viva. Un giorno dissi a mia madre: “Vorrei scrivere una storia su questa nonna, così buona e generosa.”. Mi informai in famiglia e mi resi conto che se mi fossi basata solo sulla vita di mia nonna, avrei scritto tre pagine perché ella era perfetta. I libri devono narrare di gente imperfetta, invece. Allora le diedi un bell'amante. Ho avuto la libertà di ripensarla come volevo. Ho fatto tanta ricerca, infatti, non c'è nessun dettaglio o evento della storia italiana che non sia stato controllato. Ho scoperto la crudeltà che la Storia nasconde. Per me è stata una presa d'atto della nostra vergogna. E' stato un romanzo doloroso da scrivere, bellissimo nelle scene riguardanti la vita di Maria e nelle scene d'amore. L’amore vissuto è talmente forte che gli è concesso tutto. L'ho spinta molto questa Maria, anzi, mi ha spinta lei.”

Da più parti si sente dire che gli scrittori si devono impegnare civilmente, devono prendere la parola rispetto a quel che accade nella realtà. Ciò può avvenire anche attraverso un romanzo, specie se storico. Da un punto di vista letterario, il romanzo storico segna il ritorno alle grandi narrazioni – quelle opere che, in un contesto storico generale, raccontano vicende di individui - La scrittura è per lei dunque un impegno?

“Dirò che non sono un'intellettuale. Io scrivo per raccontare una storia bella e avvincente, poi essa può avere una morale. Ma non ho mai scritto un libro per diletto perché altrimenti mi sarei annoiata. La storia pullula di eventi negativi, io però sono un’ottimista. Sento, tuttavia, il dovere di portare l'attenzione della gente su quello che nella realtà o nella storia è inaccettabile.”

Un cattivo atteggiamento della critica italiana è quello di disinteressarsi quasi sempre della letteratura contemporanea. Qual è il suo rapporto con la critica letteraria?

“Io scrivo da "ignorante", racconto storie per me e per il mio pubblico fedele. La critica mi bolla come “scrittrice dal grande successo di pubblico” e in questo giudizio colgo un atteggiamento, non dico di disprezzo, ma di superficialità, certamente. Ovviamente ho letto molto, ma ho anche molti buchi, perché ho fatto innumerevoli cose: l'avvocato, il giudice, la mamma. Ma non ho mai smesso di coltivarmi, sempre. Ho inoltre un piede nella cultura inglese e uno in quella italiana. A volte credo di essere una grande scrittrice, ma di esserlo da "ignorante". Detesto i premi letterari ufficiali. Ho fatto un patto con la mia casa editrice per non parteciparvi. Quindi raccolgo piccoli meriti un po’ dappertutto, ma il vero premio è andare nelle scuole perché i giovani sono il futuro e con loro sono a mio agio.”

Caffè Amaro è un romanzo che si apre in mille rivoli; è un'opera a schidionata (Slovski), in cui si intrecciano tante microsezioni dedicate a singoli personaggi: la storia di Maricchia, di Marisa, di Anna Sala. Il romanzo contamina più tipologie narrative, infatti, si può definire polifonico. È un Romanzo di formazione (il bildungroman di Giosuè) e anche storico-realistico. Caffè amaro è inoltre un testo poligrafo, si intarsiano anche altre forme di scrittura, non propriamente romanzesche, alcune espressione degli interessi personali dell’autrice, tra queste spicca la sua passione per la cucina. Si ritrova con questa nostra riflessione e analisi del suo testo?

“Mi ci ritrovo perfettamente, anche se non sono così esperta di narratologia. Mi sono documentata molto sulla storia siciliana e italiana dopo l'Unità d'Italia, sui Fasci siciliani: il primo embrione di un sindacato dei lavoratori nel nostro Paese, sulla politica da voltagabbana di Crispi, sul trasformismo di Giolitti. Poi ho amalgamato il tutto con il sentimento ed è venuto fuori "Caffè Amaro".”

Uno dei filoni romanzeschi di maggiore successo in Italia nell'ambito del romanzo storico è quello che è stato definito “archeologia femminista”. Si tratta di opere che hanno per protagoniste donne dalle qualità eccezionali che infrangono i giudizi e i limiti di una cultura maschile. Come per Maria, che è una donna determinata e volitiva. Maria è una perfetta eroina romantica che agisce in nome dell’amore e di un principio, “fare la cosa giusta”. Secondo lei, quanto è attuale questa figura?

“Spero che sia attuale sempre perché nella vita uno deve fare quello che è giusto, ma deve pensare anche al danno che fa agli altri. Maria mi ha dato “problemi” quando decide di tenere la figlia di Giosuè e di far finta che sia del marito. È questa una bricconata, ma ho voluto raccontarla lo stesso, ci voleva, perché Maria non doveva essere perfetta. Mi è piaciuto invece attribuire a Pietro il nobile sentimento di amore per Rita, la figlia di Maria e Giosuè, pur mostrando qualche dubbio sulla sua legittimità. Io che sono un' avvocato divorzista spesso sento storie simili. Insomma Maria è un’eroina romantica, che agisce nel nome dell’amore, ma non sempre l’amore può giustificare i nostri comportamenti, specie se sono lesivi dell’altrui dignità.”

Donnaiolo, capriccioso e più che benestante sono tre aggettivi che descrivono Pietro. Il rampollo della famiglia Sala, amante della vita sociale e cittadina, guidato dalla sua superficialità e volubilità, sposa la giovanissima Maria Marra senza curarsi della dote. Si propone inoltre come suo precettore insegnandole le buone maniere per non sfigurare nel gran mondo come quando la porta al San Carlo di Napoli dove le fa incontrare i reali. Vive una vita all’insegna del divertimento e del vizio, continua infatti a frequentare diverse donne anche famose come la Bella Otero, una famosa chantosa spagnola, anche dopo aver contratto matrimonio. E’ un viveur che fa lunghi soggiorni a Parigi. Innamorato di D’Annunzio, collezionista di antiquariato, amante del lusso (possiede una Isotta Fraschini, al tempo un vero status symbol), scialacquatore delle ricchezze di famiglia a causa della sua passione per il gioco e per le droghe, ha una personalità complessa, "demoni del sottosuolo" si agitano nel suo animo. Repentini cambiamenti d’umore lo caratterizzano. Pietro Sala è un incrocio di modelli classici: il nobile amante dell’arte, delle donne e del lusso alla Andrea Sperelli, ricco siciliano inetto negli affari e sognatore alla Vitangelo Moscarda, ma si annidano in lui tendenze nichilistiche dostoevskiane, la passione del gioco e lo sperpero sconsiderato di denaro, che lo rendono una figura affascinante. Nei personaggi di Dostoevskij, come in ognuno di noi, e anche in Pietro, esistono due anime, una buona e una malvagia, in perenne conflitto. Pietro è l’emblema del doppio che si annida in tutti noi?

“Grazie, questa è una bellissima analisi di Pietro ed è veritiera. Pietro ha tutte queste caratteristiche. Se io ho un rimpianto su questo libro è perché non ho scritto di più di lui. Avrei dovuto ampliarlo ma scrivevo di fretta e non volevo riaprirle le bozze perché avrei dovuto riequilibrare tutta la struttura. Pietro è colui che ha emancipato Maria. Egli non è un cattivo, ha il dramma di una madre che lo aveva rigettato: è il figlio dello stupro del padre sulla madre per avere il figlio maschio. La sua ostinazione a sposare Maria nasce dal bisogno di avere un argine e un ordine in una vita che stava perdendosi per i vizi a cui avete fatto cenno.”

Le digressioni di "Caffè amaro" sono dei miniromanzi che poi possono subire un ulteriore sviluppo e aprire un ciclo di romanzi. Le piacerebbe?

“Non ci sono ancora arrivata al ciclo di romanzi, questo mi confonde. Se mai lo facessi potrei immaginarlo come una sceneggiatura per una serie televisiva. Quindi sì, in conclusione potrei allargarlo. Ho già molte altre idee in testa. Ma se dovessi scrivere un ciclo di romanzi a partire da "Caffè Amaro" dovrò ringraziare gli studenti del "Bianchi Dottula".”

Giosuè è il personaggio su cui la Storia si abbatte con più forza: perde il padre durante una manifestazione dei Fasci siciliani, subisce la discriminazione delle leggi razziali del '38. È costretto a vivere in isolamento per 5 anni, eppure è animato da un coraggio indomito e da un ottimismo straordinario. Nella vita reale non bisogna mai abbattersi. Qual è la sua reazione di fronte alle difficoltà e alle ingiustizie?

“Nella vita non bisogna mai abbattersi e non bisogna mai aver paura. Non bisogna temere di contestare ciò che dicono gli altri oppure avere paura di non riuscire. Si deve insistere due o tre volte, poi cambiare, fare un'altra cosa. Ma rimanere fermi, quello no. Tornare indietro è pericoloso. Solo così possiamo migliorare e andare avanti nella vita. Mai dimenticare di aiutare chi è in difficoltà, perché tutti noi abbiamo un dovere verso gli altri; tutti siamo esseri umani e viviamo nella stessa società.”

Ingrediente fondamentale del romanzo è la Storia. Si parte dalla fine del XIX secolo, con i Fasci Siciliani, il primo movimento contadino, con il racconto della loro repressione ordinata da Crispi; si esaminano poi le terribili condizioni di vita del “carusi” nelle zolfatare; si allude ai danni sull’economia siciliana determinati dall’improvviso liberismo imposto dalla Destra storica, che provocò crescente disoccupazione e emigrazione. Si coglie che la mafia era già forte ai tempi a seguito dell' alleanza tra gli aristocratici e il governo centrale. È così?

“Non l’aristocrazia, ragazze, ma i notabili proprietari terrieri depositari dei vincoli feudali che cercarono di mantenere intatti i propri privilegi appoggiandosi alla Mafia e ai campieri. Certo Crispi e la sua cricca facilitarono questo scellerato patto con conseguenze che ancora vediamo. Nel 1812 in Sicilia c'era il feudalesimo, ovvero i baroni avevano un territorio molto grande e poi avevano i tribunali, dove dovevano impartire giustizia, riscuotere le tasse, dare un esercito al re. Con l'Unità di Italia avanzò un nuovo ceto: quello dei notabili, professionisti borghesi che acquisirono un'importanza politica sempre crescente anche grazie all'alleanza con la Mafia locale.”

Lei riflette a lungo sul colonialismo e le sue ragioni ideologiche. Nel suo libro abbiamo conosciuto il madamato, una sorta di facile compravendita da parte dei fascisti italiani in Etiopia di bambine di nemmeno 12 anni. Cos’è stato il madamato, perché non ne parlano i libri di storia?

“E’ stata una porcheria autorizzata. Ma ancora più è osceno il negare, il coprire le responsabilità degli italiani. Ho dovuto documentare tutto. Conoscere è l'unico modo per difendersi dalla possibilità che simili errori possano ripetersi.”

I due protagonisti si proiettano di fronte al fascismo in un duplice modo: Giosuè è uno dei tanti uomini che abbandonarono le file del partito socialista per aderire ai fasci di combattimento. Lui è innamorato di Mussolini e del regime: sottolinea continuamente tutti i vantaggi di esso, l’alfabetizzazione, la stabilità dell’Italia dopo i traballanti governi. Giosuè è pronto a giustificare ogni scelta del suo leader: poi, però, vive sulla sua pelle le persecuzioni razziali, essendo ebreo. Dall'altro lato c'è Maria, molto più lungimirante di lui. Ella guarda con disprezzo quell’"ometto ridicolo, che diventa un messia quando parla al pubblico". A Maria non piace proprio il fascismo, tuttavia, vi si adegua, come molti fecero. Quindi qual è la sua valutazione del fascismo?

“Il Fascismo non è stata l'impresa di uno solo, ma di tanti; è una malattia che ha contagiato tutti e di questo dobbiamo essere coscienti. Meglio, è stato un cancro. Io guardo il nostro mondo di oggi e mi rendo conto che sono molte le possibilità che si arrivi ad una forma di governo non democratica. Questo è un momento pericolosissimo per tutti noi che crediamo nella democrazia, che speriamo possa resistere. Forse morirà di stanchezza? Non lo so. Per esempio quando c’è stato il referendum sulla Brexit in Inghilterra, io ero in Italia. Quello che mi ha scioccata non è il voto, sono le 9 petizioni ricevute via Internet, che chiedevano che si rifacesse il voto, perché i firmatari non avevano capito cosa votassero o cosa significasse Brexit. Siamo stati “infantilizzati”, costretti a non capire. Oltre a questo c'è sempre meno gente che va a votare alle elezioni. Il voto è un diritto-dovere che va difeso ad oltranza. Tocca a voi giovani farlo.”

Alessia Persia e Federica Delconte III AU - Liceo Bianchi Dottula, Bari

Seguici su . . .

RSS filled 32

Newsletters

Iscriviti alla nostra newsletters, resta informato!!

Photo and video gallery

Utility