"Le Cosmicomiche" sono una raccolta di 12 racconti scritti da Giovanni Calvino e forniscono al pubblico letterario una versione scientifico-narrativa della creazione dell'universo e del mondo, partendo in ogni racconto da un'affermazione scientifica. Gli studenti hanno così intrapreso un percorso scientifico-letterario grazie al Professore Achille Nucita al quale hanno avuto modo di rivolgere delle domande inerenti al dibattito.
- Come le opere di Calvino hanno influenzato il suo pensiero?
Onestamente, all’inizio delle opere di Calvino in sé non me ne importava più di tanto. Facevo anzi in modo che mi importasse tutto ciò che mi piacesse. Molto tempo dopo, quando ho iniziato a studiare matematica e fisica, notai che la maggior parte delle nozioni che apprendevo le ritrovavo già nel libro, erano già diventate “esperienza di vita”. Mi ha influenzato certamente nel senso che grazie a Calvino iniziò a piacermi la lettura. Ma lo sbaglio che molti fanno è quello di fossilizzarsi nel fare soltanto una cosa trascurando tutto il resto: se vi piace fare fisica, ingegneria, lingue, fatelo; iniziate una cosa con passione e concludetela con passione ma non dimenticatevi della filosofia, della matematica e di tutte le altre discipline. Tutto può servire nella vita, e a me Calvino ha insegnato proprio questo, a non chiudermi in un solo settore della mia vita ma di aprire la mia mente e ragionare con la mia testa.
- Si può dare un'interpretazione dell'opera solo prettamente scientifica o è possibile fare dei riferimenti all'uomo moderno e ai suoi comportamenti?
Certamente. Per esempio nel racconto “Un segno nello spazio” Calvino non specifica che si sta parlando di un segno “fisico” e tangibile, perciò potrebbe benissimo essere un segno dell’animo. Esistono tantissime chiavi di lettura di questo autore, e in particolar modo nelle sue Cosmicomiche. Il protagonista del libro "Qfwfq", di cui Calvino non dà alcun cenno se non che esiste da prima dell’universo, molte volte appare inerme davanti alle situazioni; come molti uomini di oggi, come molti di noi, anche lui non sa cosa fare, è indeciso.
- Nel suo Curriculum vanta di importanti esperienze lavorative all’estero. Quale consiglio sente di dare ai giovani di oggi in vista di un futuro che appare sempre più incerto?
Io ho lavorato all’estero, ma prima di tutto ho studiato qui in Italia, all’Università di Lecce. Il primo consiglio che posso dare è quello di seguire le vostre passioni: se vi piace una facoltà, andate a studiare e a specializzarvi dove quella facoltà viene fatta bene e non tanto per fare. Parlando invece di esperienze lavorative all’estero, le suggerisco a tutti perché si entra in contatto con il vero mondo che ci circonda e dovete essere pronti a lasciare la vostra città per cercare il lavoro. Il problema qui in Italia fondamentalmente è il concetto del “più studi, più perdi tempo, più invecchi e più non trovi lavoro”. In Svizzera, per esempio, più si studia e più titoli di studio si acquisiscono, più si vale sul mercato del lavoro, indipendentemente dall'età.
- Qual è il fine ultimo dell'opera?
In realtà per sapere il fine ultimo di una qualsiasi opera forse si dovrebbe porre la domanda proprio all’autore stesso, in questo caso a Calvino. Certamente ognuno scrive con un obiettivo: io per esempio scrivo per me stesso, per tirare fuori quello che ho dentro. E’ come guardare un quadro in un museo: l’interpretazione sarà differente da persona a persona. Così il fine e lo scopo di un libro. Per me Calvino ha voluto dare una visione dell’uomo che è un tutt’uno con l’universo, poiché nasce con esso da un minuscolo punto, assiste al suo sviluppo e (secondo una teoria scientifica che Calvino abbraccia) ritornerà ad essere un punto. Ma probabilmente tutti i libri vengono quasi sempre scritti prima di tutto con l’obbiettivo di essere letti e apprezzati.
Intervista a cura di: Alessandro Galuppo, Andrea Gaetani e Gaia Arnesano. Liceo "Pietro Siciliani"