Ci si domanda se quanto detto dal poeta resti attuale ma la risposta sembra essere alquanto incerta. Da un lato potremmo dire di no perché la solitudine è vista quasi come una malattia che affligge quasi tutti, per questo evitiamo di pensarci troppo. Dall’altro si direbbe di sì, perché anche se volessimo, non riusciremmo a vivere privi di pensieri e riflessioni, sebbene la società moderna conceda ad essi sempre meno spazio. Non si sente più il bisogno di “deserti campi” come li chiamava Petrarca, per il semplice fatto che di spazi vuoti ormai ce ne sono ovunque.
Oggigiorno tutti si sentono disperatamente soli e credono di poter porre fine a questa condizione, non immergendosi in autentiche relazioni sociali, ma utilizzando i social nell'illusione di essere presenti sempre e ovunque.
Non vi è più alcun nesso tra le prime due parole citate da Petrarca “solo et pensoso” perché oggi siamo certo soli, ma privi di pensiero. Per porre fine a questa situazione bisognerebbe ricorrere ad un cambiamento: dovremmo smetterla di cercare, freneticamente, di riempire le nostre ore e iniziare a liberare noi stessi mediante pause e riflessioni. Petrarca, in una delle sue più celebri poesie, comincia con questi versi «Solo et pensoso i più deserti campi vo mesurando a passi tardi et lenti.» Con questa affermazione descrive se stesso mentre, solo e pensieroso, a passo lento, cammina in un posto deserto. Questo oggi sembra, per un certo verso, non avvenire più perché l’umanità si ostina a riempire la propria vita quotidiana di continue cose da fare. Non abbiamo più il tempo per pensare e riflettere su noi stessi e su ciò che ci circonda.
Non si cammina più per deserti campi, come diceva Petrarca, perché per un attimo di solitudine e tranquillità non occorre allontanarsi fisicamente da luoghi e persone; si potrebbe tranquillamente uscire a cena con gli amici, avere uno smartphone tra le mani ed essere comunque assenti. Tremila amici su Facebook non rappresentano tremila amici nella vita reale, perché coloro che ci sono nel momento del bisogno si possono contare sulle dita di una mano. Siamo tutti, così, terribilmente soli, seppur circondati da una marea di persone, e continuiamo a fingere che non sia così.
Soli. Una parola, quattro lettere ed una triste verità. Ci hanno fatto credere che da soli si sta meglio, si soffre meno e non si vive con la costante paura che le persone ti deludano, se ne vadano, ti feriscano. La solitudine sembra quasi essere diventata una scelta, “sono single perché lo voglio...” o almeno così dicono.
Maslow, nella sua gerarchia dei bisogni, aveva inserito anche quello di relazionarsi agli altri. Che lo si voglia credere o meno tutti abbiamo bisogno di qualcuno, soprattutto chi si ostina a credere di non aver bisogno di niente e nessuno.
Un bebè ha bisogno della sua mamma, o perlomeno di una donna che lo allatti, che lo culli, che si prenda cura di lui.
Uno studente ha bisogno del proprio insegnante, che lo guidi, che lo consigli, che lo aiuti nelle difficoltà e gli insegni come superarle.
Anche gli adolescenti, nella propria fase di vita, in cui si credono invincibili e ribelli, hanno il costante bisogno di qualcuno. Che sia un amico con cui sfogarsi o il proprio animale domestico piazzato sul divano, ad ascoltarli farfugliare, poco importa. Nessuno si salva da solo.
Quando torni a casa e ad attenderti non c’è nessuno, quando non ti cerca nessuno come la chiami, libertà o solitudine? Viviamo in una società dove siamo continuamente circondati da persone, e continuiamo pur sempre a sentirci profondamente soli.
Non vi è più alcuna riflessione collettiva, un dibattito aperto, una discussione costruttiva, perché siamo tutti intenti ad isolarci, estraniandoci dalla realtà, credendo che ci faccia bene, e invece ci fa solo terribilmente male.
Mariangela Lorusso IV Ce Liceo Bianchi Dottula - Bari
Soli. Una parola, quattro lettere ed una triste verità
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- Inserito da Salome Gelashvili
- Categoria: La voce dello studente
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