Il freddo si percepiva nell’animo umano, nelle parole dettate, nei gesti compiuti; il virus accresceva la sua carica virale sempre più, camminava con la gente, e si moriva. Le altre malattie non contavano più nulla, erano debellate, inesistenti perché ciò a cui si dava importanza era solo la pandemia mondiale. E gli anziani, deceduti nelle stanze di attesa, emergenze sparse e i cuori che battevano sempre meno all’unisono. Era il 14 novembre, quando una bellissima donna, da folti capelli scuri, pelle candida e occhi lucenti lasciava questo mondo per intraprenderne uno nuovo nell’aldilà con i suoi più cari familiari di avventura che avevano “messo le ali” precedentemente. E un nuovo capitolo parte da questo momento.
“Ricordo ancora le sue mani che mi toccano, io le percepisco con la stessa intensità, i suoi baci li assaporo, perché non ne sono mai sazio… la riconosco nelle piccole faccende di casa, la sera prima di coricarmi guardo la foto scattata qualche mese fa e penso a quanto la vita a volte si riveli crudele. Le parlo, le racconto della mia giornata senza lei, eppure continuo a detestare tutto questo. “Com’è potuto succedere?.”, mi domando. Più la guardo e più mi innamoro, come se la vedessi per la prima volta.”
“Eravamo ragazzini noi”, racconta un uomo alla sua nipotina in un automobile lungo un viaggio. “Non ci era mai capitato di scontrarci per strada, nemmeno per sbaglio; eppure mi è bastato un solo momento, un solo istante per far sì che si verificasse il fatidico “colpo di fulmine”. I suoi occhi mi parlavano, descrivevano la sua figura. La donna che poi si è rivelata essere mia moglie e mamma dei miei figli. Con un da farsi giocoso, mi accinsi a smuovere lentamente i suoi capelli, per far sì che si accorgesse di me; ma la sua reazione in modo controverso, tipico di ragazze da conquistare, portò al verificarsi del mio allontanamento. Non ti nascondo che in quel periodo, frequentavo un’altra ragazza, ma mancava quel feeling che invece riscontravo con tua nonna”. Dissi così di rispolverare nel mio portafoglio una foto posizionata rigorosamente faccia a faccia con la mia cosicché seppur distante, potesse avere i nostri volti, la nostra bocca, celati eternamente. “È questa nonno?”. Mi chiese con voce flebile la mia cara nipote. “Certo tesoro, guardala attentamente, è la tua fotocopia. In te ci ritrovo lei. Stessi connotati, per cui ogni volta che la nonna mi manca un po’ di più, mi basta oltrepassare quello sguardo, per celebrare tutti i nostri momenti passati insieme”. “Un giorno mentre ero a scuola, nel cortile, la intravidi…era così bella e decisi di non perdermi questa grande opportunità di poter parlare con lei. Così resi il mio cuore duro come una pietra, dopo il primo rifiuto e in modo avverso a tutti i pettegolezzi che potevano gravitare, in un abbraccio la strinsi talmente forte da farle mancare il respiro. Lì compresi che il mio amore era corrisposto e non potevo esserne più felice. Nel resto dei mesi che susseguirono, un po' come le prime coppie di ragazzini, andavamo per le strade della città tenendoci per mano, scambiandoci quei baci interminabili che ho percepito sulle mie labbra fino al giorno della sua scomparsa. E tutto quello che sognavamo, si è trasformato in pura realtà. La aspettavo ogni qualvolta potevo sulle scale posizionate accanto ad un ascensore solo per vederla, le chiedevo di uscire dal balcone anche solo per un istante, purchè riuscissi a salutarla. Ma poi tutto precipitò. Mi disse che doveva partire per degli studi a Milano e io non tolleravo questa situazione perché non c’era motivo che potesse giustificare la fine di un desiderio così grande. Era inaccettabile, perché i nostri corpi ardevano di passione che non poteva finire in quelle frasi spezzate, senza alcun nesso “D e v o p a r t i r e”. Decidemmo dunque come era tipico all’epoca di scappare, andare via da tutto e tutti, anche se eravamo consapevoli che stavamo correndo un grosso rischio per ambedue le famiglie. Ma poco importava. Eravamo ancora minorenni e nessun hotel era disponibile ad ospitarci senza la dichiarazione di qualcuno che ci attestasse l’appartamento. Così scappammo all’ultimo piano di un edificio per poi accedere al terrazzo, costruendo dei letti con dei futili pezzi di cartoni, perché ci bastava davvero poco per sentirci completi. Era anche estate, quindi i nostri corpi si sentivano liberi di mostrare le forme che con gli anni avevano designato la nostra vulnerabile crescita. Quella sera fu magico, passammo tutta la notte ad osservare le stelle nella speranza di scrutare quella più luminosa per poter esprimere un desiderio valso per tutta la vita. La stessa che nelle sere più cupe, colme di solitudine, cerco, nella speranza di poterla riportare accanto a me”. Fu così che ammirando fuori dal finestrino, Giada, così era il suo nome, della mia nipotina, iniziò a contare le comete sperando di cercare la più luminosa ai suoi occhi perché era lì la sua nonnina. Correva maggio, è acceso in me ancora quel primo momento in cui il mio sguardo si è incrociato vivacemente con il suo, eravamo in un cinema: lo stesso film, alla stessa ora, lo stesso giorno, chiamalo destino questo”. “Dopo quell’avventura”, proseguì, “fummo puniti per l’atto compiuto, a cui però non diedi alcun peso perché quella fu l’ulteriore conferma che mi si presentava, del fatto cioè che mi desiderasse veramente; tanto che alle parole stridule del padre, lei rispose soavemente che quel ragazzo sarebbe stato il suo futuro marito”. Con questa affermazione, arriviamo al giorno del matrimonio. “Era il 13 agosto del 74’, finalmente d’avanti a Dio potevo promettere un giuramento eterno, nella gioia e nella tristezza, nella salute e nella malattia, che non mi aspettavo avvenisse così rapidamente. Ci stavamo aspettando da così tanto tempo, ed era giunto il momento per cui coronassimo ogni parola precedentemente sussurrata all’orecchio. Nacque la nostra prima figlia, una femminuccia da coccolare, un ibrido di noi due: i miei stessi occhi ma con espressione della mia donna. E poi anche la seconda, due sorelline che distavano di pochi anni, ed infine una terza. Ora anche loro sono ormai mature e mi hanno reso nonno di voi nipoti, di cui non posso fare a meno.” “E poi nonno, cosa è successo?”. “L’ho persa, ma non per sempre perché lei vive in me, mi è sempre accanto anche quando il mondo mi crolla addosso. Sono sopravvissuto perché lungo il cammino ho sempre avuto vicino le persone che amavo di più, e abbiamo proceduto in coppia, e, anche se non l’ho mai confessato a nessuno, in certi momenti la sento ancora che mi cammina accanto. La sento bisbigliarmi la risposta quando devo prendere una decisione; la sento spronarmi a sorridere. È questo il mio segreto. O meglio, il nostro segreto, e ritengo di essere stato fortunato, perché nessuno dovrebbe camminare da solo nella vita”.
“Sarò sempre ad un passo da voi”.
- Imma.
Tratto da una storia realmente accaduta.
Marika Mazzone IVBu, Liceo Bianchi Dottula - Bari