Ammetto che all'inizio di questo mio lavoro ero più che convinta di iniziare proprio dalla riflessione personale: mettere per iscritto i miei pensieri, le mie opinioni è stato sempre qualcosa che mi è riuscito facilmente.
Ringrazio, però, i miei impegni quotidiani, i troppi compiti, i troppi pensieri e le troppe ansie che si sono affollate in questi mesi e che mi hanno impedito di scrivere qualcosa così, di getto, perché, paradossalmente, sento che questo 'ritardo' mi sia servito.
Prima di affrontare questa tematica così da vicino, ero già dell'idea che l'aborto fosse una pratica abominevole, triste, egoistica ma inciampavo spesso nel filo del 'beh, un conto è parlare e un conto è trovarsi nella situazione'.
Però con questa attività che mi ha spinto a prestare maggiore riflessione sull’argomento ho capito che se una cosa è profondamente sbagliata, non lo è "a seconda della situazione", lo è a prescindere da essa.
E’ un po’ come se cadessimo e ci rompessimo un braccio. Certamente il rimedio migliore non è tagliarlo, non è eliminarlo dal nostro corpo, ma è curarlo affinché possa rendere al massimo nonostante la debolezza.
Ci saranno i momenti in cui farà male, momento in cui ci sarà troppa umidità e sentiremo delle fitte alle ossa, momenti in cui invece saremo contenti perché pian piano il dolore passerà e riusciremo a utilizzarlo bene.
Ho sentito persone dire 'non chiamatelo aborto, si chiama interruzione di gravidanza'...ma perché non chiamare le cose col loro nome? Perché cercare in tutti i modi di sminuire la gravità di un atto che si riconosce come abominevole ma che non si vuole ammettere spesso per troppo egoismo?
L'aborto è l'uccisione del feto nel ventre materno e, a seconda dei vari Paesi del mondo, vediamo che questa pratica 'acquisisce' o 'perde' di legittimità.
Io condanno questa pratica in tutte le situazioni perché togliere la vita a chi la vita ce l'ha credo sia la cosa che più ci macchi nell'intimo.
In ogni caso quell'esserino minuscolo che dorme beato nel ventre della madre non deve essere privato della vita in quanto non ha colpe, non è responsabile della sua stessa nascita.
Un bambino non è mai una punizione. Il problema è un altro: si è diventati talmente egoisti, poco responsabili e infettati da un'apatìa cronica che sta portando tutti, chi più chi meno, a compiere azioni assurde senza neppure rendercene conto.
Tale argomento mi ha portato a riflettere su cose che spesso diamo per scontate o a cui non pensiamo perché apparentemente lontane dal nostro mondo tutto rose e fiori.
Agnese De Matteis IVDU Liceo Pietro Siciliani