Ancora oggi, a distanza di una settimana dal disastro aereo che ha coinvolto la Chapecoense, club brasiliano, il mondo dello sport è costretto a fare appello a questa citazione.
A cavallo del secondo dopoguerra il gioco del calcio in Italia è segnato in maniera indelebile dal dominio incontrastato di un solo club: il Torino. Il Toro si assicurerà cinque scudetti di seguito, tutt’oggi record italiano imbattuto, ma soprattutto sarà precursore di un modo di giocare al calcio del tutto innovativo, figlio delle idee rivoluzionarie dell’allenatore Ferruccio Novo. La sfortuna di appartenere a un’epoca storica il più lontano possibile dall’attuale mondo globalizzato e il precoce quanto feroce finale, non garantirà alla squadra granata la giusta riconoscenza.
Il 6 febbraio 1958, un’altra disgrazia aerea coinvolge una squadra di calcio (quasi) all’apice del successo. Il Manchester United allenato da Matt Busby, grande personalità del calcio inglese, di ritorno da un match di Coppa dei Campioni giocato a Monaco di Baviera finì rovinosamente il suo percorso. In tre furono i sopravvissuti di quelli che furono i “Busby Babes”, cresciuti con l’obiettivo della Coppa Campioni, Bill Foulkes, Sir Bobby Charlton e lo stesso allenatore Busby. Lo United in breve tempo ricostruì la grande squadra che perì a Monaco e coronò il proprio sogno europeo, tributando ogni propria vittoria alla sempiterna memoria dei Busby Babes.
La settimana scorsa una nuova notizia di questo tipo ha sconvolto gli appassionati di sport di tutto il mondo. La squadra di calcio della cittadina brasiliana di Chapecò, la Chapecoense, dopo una lunga scalata dalla Serie D brasiliana, due settimane orsono aveva raggiunto la finale di Copa Sudamericana, costruendosi la possibilità di entrare nella storia del calcio. Ahinoi, l’aereo che avrebbe dovuto portarla verso la finale e la gloria, non ha mai fatto arrivo.
Tutto il mondo dello sport in questi giorni, (e nei precedenti casi), si è reso protagonista di splendidi gesti di solidarietà che purtroppo non possono cancellare il dolore. Dopo settantacinque anni risuonano ancora le parole del grande Indro Montanelli << Gli eroi sono immortali agli occhi di chi in essi crede. Così i giovani crederanno che il Grande Torino non sia morto, è soltanto “in trasferta”>>.
Già, Chape, Toro e Busby Boys, noi vi ricorderemo ancora e gioiremo nella vostra memoria, aspettando in cuor nostro l’irrealizzabile ritorno da quella “trasferta”.
Francesco Albanese III A classico, Liceo “F. De Sanctis” - Trani