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Sicuramente si è udita tante volte; una frase piena di morale, che rispecchia i veri valori dello sport; una frase che si cerca di inculcare già nei bambini che si apprestano ad affrontare gare o partite agonistiche nel mondo dello sport, affinchè possano sentirsi comunque dei vincitori a prescindere dal risultato. Ma è stato sempre così? O meglio, è stato sempre così per tutti? Sicuramente no. Purtroppo la cultura della vittoria spesso ha sovrastato la cultura della sconfitta. Tra molti atleti e sportivi in genere è prevalsa la voglia di vittoria a tutti i costi. Questi atleti sono stati supportati anche dai loro dirigenti oppure addirittura dalle federazioni o nazioni di appartenenza. Affinchè un atleta abbia voglia di vincere affidandosi al proprio allenamento e ad un duro lavoro fisica, tutto ci può stare, ma spesso,sfortunatamente, in passato tanti atleti hanno fatto ricorso a sostanze illecite che migliorano artificialmente le prestazioni fisiche: il cosidetto doping. Ci sono stati casi eclatanti, come i 100 metri vinti da Ben Johnson alle Olimpiadi di Seoul contro Carl Lewis, o i Tour de France vinti grazie all’assunzione di sostanze doperanti da parte di Lance Armstrong. Ci sono stati tantissimi casi in cui agli atleti dell’ex Germania dell’Est o l’ex Unione Sovietica, è stato imposto il doping dai loro stessi governi, in modo da poter portare in alto, grazie alle vittorie in grandi manifestazioni sportive, il nome del proprio paese.                                                                                             

Il doping purtroppo è una piaga che affligge il mondo dello sport anche ai giorni nostri; è molto diffuso in determinati sport come moto,atletica,ciclismo. Uno dei casi più recenti è la positività al doping del marciatore italiano Alex Schwazer, che ha fatto uso di sostanze illecite alle Olimpiadi di Londra, ed è stato poi punito con una lunga squalifica.                                                                       
Prendendo spunto proprio da questo caso, dalla vicenda di questo marciatore italiano, c’è da porsi un interrogativo importante, e cioè: “Come può un atleta, ma prima di tutto un ragazzo e un uomo pieno di aspettative, cercare di barare, mettendo a repentaglio la propria salute e caso di vittoria, sapere che comunque  non è un trionfo frutto del proprio lavoro e sudore?” Il punto è proprio questo. Voler prevalere, vincere, affermarsi è comunque legittimo, ma il raggiungimento di tutto questo bisogna guadagnarselo con sudore, duro lavoro e sacrificio. Tutto il resto non conta. Il doping non ha nulla a che fare con i valori dello sport. Bisogna insegnare già ai bambini la cultura del saper perdere. L’importante è partecipare! Ma c’è da aggiungere anche che l’importante è saper partecipare!

dop

Martina De Tullio, Vanessa Gallone,  3°AU – Liceo G. Bianchi Dottula Bari

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