È Flippy, il nome dell'automa impiegato in una catena di fast food a Pasadena: riusciva a cuocere fino a 2000 hamburger al giorno. Un robot stakanovista, super efficiente. Anche troppo.
Ed infatti, dopo poche ore di lavoro è stato licenziato, o meglio “messo in pausa. Il motivo? Il resto dei dipendenti non stava al passo nel confezionare altrettanti panini e riuscire a collaborare risultava impossibile.
È un caso, quello di Flippy, che ad uno sguardo superficiale potrebbe risultare frivolo, addirittura buffo. Tuttavia ci pone, inevitabilmente di fronte ad una tema quanto mai urgente: il lavoro sta cambiando.
Secondo un recente rapporto della McKinsey, infatti, 375 milioni di persone dovranno cercare un nuovo lavoro entro il 2030, perché quello che fanno oggi sarà in mano ai robot.
La storia di Flippy può pertanto fornirci un utile spunto di riflessione, perché mette in rilievo le contraddizioni che caratterizzano questa fase transitoria, questo momento di passaggio problematico tra un passato fatto di lavoro esclusivamente umano ed un futuro che appare sempre più robotico.
Se da un lato i robot sono super specializzati, dall'altro non sono ancora in grado di svolgere l'intero lavoro senza collaborare con gli esseri umani. Il nodo, che attualmente appare senza soluzione, sta tutto qui: i robot non sono pensati per interfacciarsi con l’uomo, nella maniera che noi riteniamo più naturale.
Il giusto compromesso, almeno in un orizzonte temporale breve, potrebbe essere quello di sfruttare la tecnologia robotica come un utile strumento, una terza mano per fare di più e meglio, non per portare via posti di lavoro agli esseri umani.
Di fronte al caso di Flippy, e più in generale di fronte a questa sempre più spinta ingerenza della robotica nel mondo del lavoro, dovremmo essere attenti a non estremizzare i nostri punti di vista: né demonizzare la tecnologia, né esaltarla. La tecnologia in sé è neutrale, il problema è l’uso che scegliamo di farne.
Per non incorrere in usi eccessivi e deleteri basterebbe seguire un’unica regola: mettere al centro l’uomo, riportare l'essere umano al centro di qualsiasi progetto, che sia tecnologico, lavorativo o economico.
Lo sviluppo di nuove tecnologie, il progresso nell’ambito della robotica dovrebbero ruotare attorno a noi, ai nostri bisogni e al nostro modo d'essere, per riuscire ad avere un impatto positivo sulla nostra qualità della vita.
Altrimenti il rischio è quello che il progresso tecnologico faccia rima con un regresso dell’uomo.
Il pericolo è che prenda sempre più piede la tendenza a ridurre l'essere umano ad automa, snaturandolo e forzandolo a divenire ciò che non è e non potrà mai essere.
L’obiettivo primario, per quanto riguarda il rapporto lavoro-robotica, dovrebbe essere innanzitutto quello di garantire condizioni di lavoro dignitose ed ottimali, con orari quanto più possibile “umani” e una sempre maggiore sicurezza.
Quindi, sì ai robot, ma in una logica che non premi solo il profitto, ma che supporti ed aiuti il lavoratore.
Francesca Coppola IV A IISS ALPI-MONTALE, Rutigliano