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Aumenta il fenomeno dei “working poor”, persone che pur avendo una occupazione, sono a rischio povertà. Secondo i dati Eurostat in Italia circa 2,6 milioni di persone (in crescita rispetto al 2010) sono a rischio. Anche la Cgil ha sottolineato la crescita del fenomeno affermando che circa 4,5 milioni di occupati sono da considerare nell’area del disagio. L’Italia è lo stato a più alto rischio dopo la Romania, Grecia, Spagna e Lussemburgo. L’Eurostat ha quindi spiegato che il fenomeno è molto influenzato dal tipo di contratto: infatti coloro che lavorano part- time sono più esposti alla povertà rispetto a chi lavora a tempo pieno e tre volte di più tra coloro che hanno un impiego temporaneo rispetto a quelli con un contratto a tempo pieno.
Gli uomini sono più a rischio povertà rispetto alle donne. In Italia i lavoratori dipendenti con un contratto a tempo indeterminato a rischio povertà sono il 7,5% in aumento dal 6,7% del 2010. Nel caso, invece, di lavoratori con un contratto temporaneo il rischio povertà è in aumento di oltre cinque punti dal 2008.
La Cgil ha fatto emergere attraverso i dati di contabilità nazionale come rispetto al 2008 siano diminuite sia le ore di lavoro sia le unità di lavoro a tempo pieno.
Il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, ha affermato che il numero totale degli occupati, rappresenta un’immagine parziale della condizione del lavoro in Italia, dove la qualità dell’occupazione è in progressivo e consistente peggioramento. Secondo Fammoni, dalla lettura dei dati risulta evidente che la ripresa non è in grado di generare occupazione quantitativamente e qualitativamente adeguata, con una maggioranza di imprese che scommette prevalentemente su un futuro a breve e su competizione di costo".
Carmen Renna, VA IISS “Alpi-Montale” – Rutigliano (BA)

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