IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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Il 19 aprile 2023 il liceo G. Bianchi Dottula ha offerto l’interessante opportunità agli studenti dei tre corsi di studio – economico sociale, scienze umane e linguistico - di partecipare ad un incontro per celebrare i cent’anni di resistenza antifascista, di addentrarci così in avvenimenti locali che hanno poi avuto risonanza a livello nazionale. L’incontro è stato reso possibile grazie all’apporto storico-culturale di Lea Durante, docente di letteratura italiana e di Pasquale Martino, presidente provinciale dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) di Bari.
Perché ricordare proprio oggi la Resistenza? Questa apparentemente semplice domanda può essere declinata in due risposte diverse, ma strettamente collegate fra loro.
Da un lato, è importante ricordare la Resistenza perché, come il presidente Martino ha messo in evidenza, nel 1923 Mussolini vieta ai sindacati la vitale possibilità di riunirsi, chiude le Camere del Lavoro, con una forte spinta centripeta avente Roma come epicentro. E’, pertanto, fondamentale ricordare gli avvenimenti che hanno reso possibile uno dei periodi più bui della storia italiana e dell’intera umanità.
Dobbiamo ricordare “oggi” la Resistenza anche a causa di avvenimenti molto più contemporanei, come la lettera che invitava all’antifascismo scritta dalla dirigente scolastica del liceo “Leonardo da Vinci” di Firenze, Annalisa Savino, fortemente criticata dal ministro dell’Istruzione Valditara. Come ci suggerisce la professoressa Cioce a inizio incontro, come può una preside non essere abbastanza competente da esprimere un giudizio (peraltro conforme alla Costituzione) negativo nei confronti del fascismo? Come è possibile che in Italia non ci sia il pericolo del fascismo, come afferma il Ministro, se almeno una volta al mese si sentono episodi di apologia di reato, di edifici di ebrei imbruttiti con scritte volgari e offensive, di celebrità e gente che usa epiteti offensivi inneggiando alla superiorità della “razza bianca” apertamente? Ecco perché è di vitale importanza, oggi, come anche domani, immergerci nella storia per meglio comprendere quello che sta accadendo e impedire che certi fenomeni pericolosamente persuasivi e discriminatori si ripropongano.
La storia è il cuore della nostra vita, tutto ciò che ci circonda ha una storia, noi stessi siamo il prodotto di una lunga storia di tradizioni, generazioni e culture dalle quali non è possibile scindersi perché compongono la nostra essenza. La storia è vita, è morte, è cattiveria e successo, ma soprattutto è consapevolezza: solo la storia ha l’immenso potere di farci riflettere, farci comprendere quello che è stato e perché siamo arrivati fin qui, quelli che sono corsi e ricorsi storici, di farci avere uno sguardo critico e più saggio verso il futuro. Solo la storia può far nascere in noi lo spirito di Resistenza antifascista e come evitare che fenomeni altrettanto terribili si ripropongano.
Ed è in questo quadro apparentemente terribile e completamente oscurato dalle violenze fasciste, che i valori, quelli della Resistenza nascono e si insinuano nei cuori di una popolazione stanca e amareggiata da anni di guerra e povertà. Le due roccaforti della Resistenza italiana, simbolo di necessità di cambiamento, libertà e uguaglianza ce lo insegnano, parliamo di Bari e Parma. Due città apparentemente inconciliabili, in verità resilienti nello spirito alla lotta contro la barbarie fasciste. In effetti, sia Bari che Parma condividevano uno scenario economico e sociale affine; erano entrambe regioni prevalentemente agrarie, in cui vigeva il caporalato che sfruttava fino all’osso i poveri braccianti. E purtroppo, non si può evitare di constatare, che ancora oggi, le terre di coltivazione pugliesi siano distese di infamia perpetuata dai caporali nei confronti dei migranti- le nuove vittime di questo ingegnoso quanto terribile sistema-che lavorano in condizioni disumane percependo un salario misero e incerto, all’ombra di tutti, che pur vedendo si fingono ciechi e sordi. A Ceglie, nel 1921 si affermava la figura del capo delle squadracce fasciste: Giuseppe Caradonna, il quale istigherà ed appoggerà lo smantellamento della Camera del Lavoro di Bari Vecchia, poco tempo dopo assaltata dalle squadracce che causarono 5 vittime. A mantenere uno sguardo vigile sulla storia del Sud-che esiste e resiste- è un altro pugliese: Rocco Scotellaro(Tricarico 1923 – Portici 1953) uno dei maggiori poeti e intellettuali lucani impegnato nel vivo delle problematiche del secondo dopoguerra. Animato da una forte carica morale e ideale, profusa nella sua produzione letteraria e nell’impegno politico, ha assunto il valore emblematico delle lotte per il riscatto del popolo meridionale. Di umile origine, socialista, fu sindaco di Tricarico dal 1946 al 1950, quando fu arrestato sotto l’infondata accusa di irregolarità amministrative. Spese la sua vita in favore del Meridione, o meglio -mondo arcaico dimenticato dalla Storia- era attraversato dalla stessa, subendone le nefaste conseguenze. Il suo è uno sguardo realista ma fiducioso nella possibilità di riscrivere una Storia diversa, inclusiva ed orizzontale, discutendo le precarietà che popolano il Sud ma anche le potenzialità insite di quel territorio che si sarebbe dovuto evolvere. Qui riportiamo i versi di una sua poesia “La mia Bella Patria” di lancinante Bellezza: “Io sono un filo d’erba un filo d’erba che trema. E la mia Patria è dove l’erba trema. Un alito può trapiantare il mio seme lontano.” La patria è il luogo del cuore quindi della lotta, della sofferenza e della resurrezione. E come non citare l’impegno disperato e generoso di Giuseppe di Vittorio, uomo di umilissime origini traumatizzato dalla morte in seguito ad una malattia contratta nel suo lavoro di curatolo, evento che obbligherà il piccolo Giuseppe ad abbandonare la scuola elementare per essere avviato al lavoro nei campi. La sua personalità carismatica e arrembante radunerà attorno a sé migliaia di contadini pronti a manifestare e ribellarsi. Celebre è l’episodio del “cappotto per i contadini”, discorso in cui Di Vittorio faceva notare che la differenza tra contadini e padroni era sancita anche dal loro abbigliamento-in quanto quest’ultimi avevano un vestiario pregiato- invitando i contadini a reclamare il diritto all’uguaglianza. I contadini, infatti, vivevano in uno stato di sudditanza psicologica acquisita; erano diventati e si percepivano subalterni. L’occasione per il loro sollevamento arriverà proprio nelle Camere di Lavoro dove discuteranno appassionatamente le loro idee. Secondo uno degli insegnamenti più preziosi che ci lascia Gramsci, ovvero: “l’intellettuale collettivo” pensare congiuntamente permette uno scambio proficuo di idee, unito ad un momento di crescita ed arricchimento personale d’inestimabile valore.
E per concludere il nostro viaggio all’interno dei rivoluzionari del Meridione, come non citare Rita Maierotti: una donna proveniente dall’estremo Nord, dal Trentino–Alto-Adige, maestra, intellettuale e scrittrice socialista. Decise di trasferirsi con il marito in Puglia dove diventerà dirigente del Partito Comunista sotto lo scetticismo di molti; infatti, era l’unica quota femminile all’interno di un mondo completamente maschile. In occasione della Festa della Repubblica, questo articolo vuole essere un omaggio a chi da sempre viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di disperazione. È un atto d’amore per le minoranze, contro una maggioranza incline a coltivare le sue meschinità e la sua indifferenza di fronte ad un affresco sociale in progressiva frammentazione. Il nostro invito è quello di riaccendere nel cuore dei giovani l’ardore nei confronti del proprio ideale, di stimolarli a lottare contro il vento di asperità che soffia la vita attraverso un insegnamento della storia vigile e attivo.
Maria Lisa Fiore e Sara Stornelli - classe 5^AL Liceo Linguistico "Bianchi Dottula" Bari 

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