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Titolo: Il Ciclope
Autore: Paolo Rumiz
Casa editrice: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 19 Novembre 2015


In una realtà priva di privacy, costantemente scandita da notizie di guerra e attentati, fin troppo lontana dalle bellezze naturali, molto spesso ci si sente soffocare. Si sente l’esigenza di andare lontano da tutto ciò che è mondano e materiale per compiere una sorta di “disintossicazione”. Ed è proprio ciò che farà Paolo Rumiz: lascerà ogni comfort per rifugiarsi in un’isola sperduta del Mediterraneo, lontano da tutto e tutti.
Deciderà di scrivere un diario di bordo durante le tre settimane che trascorrerà sull’isola misteriosa.
Condividerà l’isola con il capitano del faro e il suo assistente, ma principalmente trascorrerà molto tempo solo, ad osservare il territorio che circonda la dimora, gli animali, le stelle, i venti. Con il passare del tempo riuscirà a riconoscere l’arrivo delle bufere e i nomi delle stelle senza servirsi di “applicazioni del tablet”, come lui stesso ci ha rivelato. Inizialmente spaventato da questo nuovo ambiente, quasi ostile rispetto a quello in cui solitamente vive, si fonderà con “il Ciclope” e ripercorrerà le memorie dei suoi viaggi passati, delle storie raccontategli da amici. Fonderà il presente e il passato, raccontando di situazioni relative al presente con miti della storia greca.
Rifletterà sulle condizioni della Terra, sull’ecosistema totalmente alterato, come quando racconta di come gli uccelli divorino le galline perché non riescono a trovare più il pesce nel mare. Attraverso un alternarsi di avventure, ricordi e memorie delle antiche civiltà, riuscirà a depurarsi dalle malvagità della realtà. Attraverso gli occhi di Paolo Rumiz, è possibile osservare una realtà quasi totalmente abbandonata. Grazie a questo libro, l’autore condivide coi i suoi lettori ogni sensazione, sentimento, stato d’animo che lo colpiscono durante questo lungo viaggio. Ho apprezzato quest’alternanza di emozioni, ma soprattutto ho apprezzato il modo in cui alla fine lo scrittore si innamora di questa piccola isola sperduta nel Mediterraneo. Non essendo un’amante dei racconti carichi di descrizioni, sicuramente non lo catalogherei nella “top ten” dei miei libri preferiti, ma è stato un bel viaggio leggerlo. Sicuramente ho apprezzato maggiormente la lettura dopo aver incontrato l’autore, uomo capace di ammaliare attraverso i suoi racconti dei mille viaggi che ha fatto per lavoro, anche se alla fine era diventato essenzialmente un piacere.
Consiglio la lettura di questo libro a chi si sente soffocare da tutto ciò che ormai ci circonda e che non può permettersi di mollare tutto e andare a vivere per tre settimane su un’isola semi deserta. Lo consiglio, soprattutto, a chi non è mai stanco di viaggiare.
Avevo voglia di far riposare le mie vecchie ossa, ma non c’era requie. La luce già indicava un’altra meta.”
Alessandra Gaeta, IV BU

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